Dopo un periodo di oscurantismo in Italia sembra che ultimamente qualcosa si stia muovendo nei confronti di Algernon Blackwood anche se, a confronto, Arthur Machen ha avuto una diffusione relativamente maggiore. La casa editrice Providence Press ha appena pubblicato 2 sue raccolte essenziali ovvero La casa vuota e altre storie e Il Wendigo e altre storie. E proprio in questo periodo è uscita in edicola anche una ristampa con copertina rigida de Il Gran Dio Pan nella collana “I Maestri del Fantastico”. CatBooks ha poi pubblicato un’edizione (con una nuova traduzione di Alda Teodorani) della splendida novella L’uomo che amava gli alberi. In precedenza erano usciti anche Discesa in Egitto per le Edizioni Hypnos e La valle perduta per Dagon Press. La rivista Zothique ha poi dedicato il numero tre ad uno speciale consacrato proprio ad Algernon Blackwood. Il dossier è a cura di Matteo Mancini, un esperto del genere weird. Molto interessante il titolo del suo articolo, ovvero Algernon Blackwood: il profeta del Dio Pan. Di solito associamo il Dio Pan ad Arthur Machen, ma in Blackwood questa divinità (Pan’s Garden è il titolo di una sua raccolta) rappresenta il simbolo di un terrore panteistico che coinvolge l’intera natura. Detto questo, a mio avviso il profeta del Dio Pan resta sempre Arthur Machen considerando l’importanza che ha avuto il libro Il Gran Dio Pan a cavallo fra ’800 e ’900 nel far venire alla luce le pulsioni di Eros e Thanatos che covavano sotto la cenere della società europea.
Il citato La valle perduta (The Lost Valley – 1910) rimane, a mio avviso, una dimostrazione delle sue grandi capacità nell’evocare un’atmosfera di orrore spirituale. Anche in quest’occasione la “natura” incontaminata e selvaggia fa da sfondo a questa cupa ed inquietante vicenda ambientata nel Giura, nella Francia meridionale. I protagonisti sono 2 gemelli – Stephen e Mark – che vivono praticamente in simbiosi: ognuno è partecipe emotivamente della vita dell’altro. C’è forse qualcosa di morboso in questo rapporto che sembra solidissimo. I 2 viaggiano molto – anche Blackwood d’altra parte è stato un grande viaggiatore traendone ispirazione per i suoi racconti – e giungono infine nel Giura, isolandosi in uno chalet in mezzo alla natura incontaminata. Passano le giornate facendo escursioni e riportando scrupolosamente le loro impressioni. Qualcosa però all’improvviso si rompe: una fantomatica ed esotica presenza femminile distrugge il loro equilibrio. La loro vita ne sarà sconvolta e i 2 verranno infine drammaticamente divisi.
Blackwood conferma di essere un artista dell’atmosfera perturbante: la descrizione della cosiddetta “valle perduta”, un non luogo in cui trovano riparo tutti gli spiriti invisi alle religioni tradizionali, è qualcosa che rimane impresso e non che non lascerà indifferenti gli amanti del “weird”. In appendice c’è un interessante articolo dello stesso Blackwood intitolato “La psicologia dei luoghi” molto attinente alla storia presentata oltre ad un’accurata bibliografia italiana comprensiva di illustrazioni di vecchie e storiche edizioni.
Onore alla Dagon Press per aver disseppellito questa gemma nascosta di un grande autore come Algernon Blackwood: l’auspicio è che magari, in futuro, vengano pubblicati anche altre inediti: parte della sua produzione è infatti ancora purtroppo inedita in Italia ed è un peccato in quanto si tratta di materiale di sicuro interesse come l’importante romanzo The Centaur (1911).
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