Nel progetto Cyclo., concepito con Ryoji Ikeda, il producer Alva Noto aveva cercato di evolvere gli esperimenti della glitch music, adattandoli a un contesto ritmico e club-oriented. Questo aspetto viene approfondito nella trilogia “Uni” (Unitxt, Univrs e Unieqav), che tra il 2008 e il 2018 arricchisce le sue notevoli sperimentazioni. A riguardo è necessario un chiarimento: se Unitxt tenta di processare dati e informazioni e Univrs inserisce questi elementi in un vuoto cosmico e indefinito, Unieqav va addirittura oltre, presentandoci un Carsten Nicolai che non si limita (si fa per dire) al lavoro di “scultore di suono”, ma assomiglia sempre più a un vero e proprio musicista.

Ascoltando Unieqav si ha l’impressione che l’artista sia giunto a un punto di arrivo e sia riuscito a conciliare i suoni degli “errori” con una forma musicale vicina alla techno e all’IDM. Questo particolare non cambia l’attitudine di Nicolai/Noto, da sempre interessato ad analizzare le risposte del sistema nervoso a determinate frequenze o immagini. E quando egli sostiene che l’album è la rappresentazione acustica di un’immersione subacquea, sappiamo che è il suo lato intellettuale a parlare e a voler esaminare la mente umana in maniera scientifica e rigorosa.

L’iniziale “Uni Sub” è fin dal titolo una dichiarazione d’intenti e nei suoi sei minuti ci ritroviamo con muta e bombole d’ossigeno, investiti da suoni che si insinuano tra le pieghe del subconscio. Ben presto ci accorgiamo che il disco sviluppa la relazione tra micro e macrostrutture, argomento già affrontato anni prima con Mika Vainio. Questo perché vi è un crescendo, un percorso che arriva a un climax per poi subire un rallentamento, quasi a voler riprodurre da un lato la struttura dei brani e dall’altro l’esperienza dell’immersione, che raggiunge abissi inesplorati in attesa di un’emersione dalle acque notturne (o dai meandri della psiche).

È “Uni Mia” a far registrare un aumento della tensione, grazie alle sue atmosfere ispirate alla filosofia zen e agli esperimenti elettroacustici realizzati con Ryūichi Sakamoto. Con "Uni Version" si comincia a fare sul serio, anche se le texture risultano insolitamente filtrate e ovattate: ci stiamo allontanando dal mondo esterno. L’underwater techno di Unieqav viene amplificata da “Uni Normal”, un brano dove l’alternanza tra vuoti e pieni evoca un’avventura sottomarina, come la scoperta di un relitto inabissato da secoli. In “Uni Blue” raggiungiamo profondità oceaniche, accompagnati da un Alva Noto mai così melodico prima d’ora. Può capitare poi di imbattersi in messaggi del passato, frammenti, codici, come avviene in “Uni Dna”, nuova collaborazione con Anne-James Chaton, che elenca sequenze di Dna nel tentativo di costruire “architetture verbali a-narrative”. Da “Uni Edit” in poi inizia la risalita, non priva di ostacoli e tappe di decompressione: ecco spiegati i beat scomposti e frammentati, dal sapore drum and bass.“Uni Chord” segna la fine dell’esperienza, in un crescendo di pulsazioni, chitarre elettriche e respiri che ci riporta finalmente in superficie.

Una volta riposta l’attrezzatura, si intuisce che Unieqav possiede qualcosa in più e in meno rispetto ai suoi predecessori. Lo distingue innanzitutto una maggiore accessibilità, anche se la sua proposta può sembrare meno innovativa per via dei rimandi agli Autechre o al Monolake di Gravity e Cinemascope. Al tempo stesso le sue atmosfere subliminali possono far rimpiangere la violenza e il noise di Univrs, capolavoro del producer di Chemnitz.

Al di là delle critiche colpisce il fascino dell’opera, un concept “acquatico” da inserire tra le prove più convincenti di Alva Noto, che in Unieqav, oltre a confermarsi un maestro del sound design, diviene finalmente un musicista completo.

E non possiamo che apprezzare.

Voto: 4/4,5

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