Si sa che la luna ( Duul) di solito favella solo con gli innamorati, e se il Dio del Sole e dei Venti ( Amon) se ne sta per le sue e fa il misterioso, è naturale si generi quella dialettica e quell’amore litigarello che è sale e zolfo di Amon Düül II. La Version One aveva provato di tutto, ma proprio di tutto...per cercare una via, impervia di evoluzione, ma sostanzialmente non era andata oltre quella combo barcollante di sfaccendati suonatori di bonghi, abituali frequentatori di una Comune nei sobborghi di Monaco. La Version Two era invece come quel fratello fottutamente più bello ed intelligente, quello con le foto impossibili da reperire perché gelosamente custodite e chiuse a chiave negli armadietti di tutte le cheerleaders del college. Ma Venere e Minerva non avevano fatto completamente i conti con quella divinità estrema e bohemien di Dioniso, con la sua follia ed i suoi cioccolatini diabolici che si distribuivano a scuola. Quelli con le frasine incartate all’interno, cosa c’è di meglio di un amico? Un amico col cioccolato...ovvio, solo che per un problema “tecnico“ le abitudini Made in Germany da un po' di tempo erano drasticamente cambiate e accartocciando un cioccolatino al pistacchio ti poteva capitare di leggere sulla carta Non c'è un ascensore per l'Eden, ma solo un foro nel cielo oppure Quando l'occhio ( che ti scruta, da dovunque…) ti chiede chi è l'imperatore del cielo, prendi subito quel volo Archangel Thunderbird…
E puoi essere bello e virtuoso quanto vuoi come Chris Carrer leader di ADII, un’adolescenza pura ed illuminata dal Jazz, da quelle visioni per Coltrane e Coleman. Ma quando in famiglia a venti anni da quegli orrori in Germania, la sera a tavola i silenzi si fanno sempre più assordanti e le cose non vanno per il verso giusto con la ricostruzione di un Paese che sembra ancora transitare sempre da quelle strade pericolose e dominanti, è Tempo Soave di perdersi nella Follia di Amon Düül II.
In quel volo fantastico tra frattali lontani e incubi distorti e stonati.
Si parlava di leader della Band e qui si dovrebbe aprire un capitolo a parte prima di discutere di Vive la Trance, intitolato “Renate Knaup”, forse si potrebbe citare Timoty Lear quando affermava che le donne che cercano di essere uguali agli uomini mancano di ambizione. Sarebbe necessario un intenso studio di antropologia culturale per cercare di decifrare l’importanza della componente femminile in ADII, per cercare di cogliere la potenza latente e sovrumana di quella vocalità operistica della Knaup in quell’orgia di suoni. La voce di Renate era potenzialmente una supernova chiusa a chiavi nel cassetto, nei primi album dei Duul le era permessa solo qualche timida uscita ma solo pomeridiana, accompagnata dai genitori e solo per esibire qualche leggero schiamazzo, un urletto dionisiaco o un coretto circense, un balletto in punta di piedi in sospensione tra i soliti clangori infernali della band. Sarà solo in Wolf City e nella perfetta balistica di quel sound che alla Knaup verrà permesso a gettone di spaziare con la sua vocalità nel cupo affresco della Città del Lupo, perché tra quelle mure gotiche ed in quella Babilonia di filuggine un canto di Grazia si farà portatore delle migliori melodie di ADII. Come in Green Bubble Raincoated Man che sfoggia un intro malinconico che dovrebbe in teoria sublimare nella meditazione fino a quando improvvisamente a metà brano un selvaggio assolo di wah-wah rivoluziona l’habitat sonoro in un impeto di ispirazione geniale, un serbatoio carico di mellotron che sfiamma tutto lo spettro psichedelico della West Coast in bagliori e cenere in un volo solo andata di Grace Slick & C verso Monaco di Baviera per esplorare boschi ed andare a caccia di funghi selvatici e gnomi verdi .
Farsi un giro su Vive la Trance è come farsi un giro sulla Roulette, siamo nelle mani del gioco e dell’umore del croupier. Basta un attimo per distrarsi e lasciare che la puntina finisca casualmente sul solco di Pig Man e potrebbe capitare quello che un fan di ADII non vorrebbe mai ascoltare, ovvero assistere impotente alla degenerazione e castrazione post Fallus Dei di quel suono ambrato e medioevale ed al teletrasporto forzato negli Abbey Road Studios londinesi in presenza forzata di Paul Mc Cartney che in camicia bianca ancheggia Love Me Do. A questo punto le possibilità statistiche che quel vinile possa anche violentemente essere catapultato all’esterno della finestra, sono insomma molto alte. L’unica speranza a questo punto per reintegrare questo Vive la Trance nella rosa, è sperare confidenzialmente in una sorta di soft landing, magari un prato erboso nelle vicinanze oppure un’esposizione di materassi all’aperto del vostro imbonitore preferito. Perché con molta pazienza e confidando che nel frattempo uno Yeti emigrato dal Tibet non abbia sgranocchiato il vs vinile, si potrebbe provare a dare al nostro una seconda chance, per esempio selezionando la traccia più lunga, quella di Mozambique. E allora si potrebbe restare sorpresi dal reintegro nella rosa, perché questo brano potrebbe essere un must di ADII, dopo un intro afrodelico con quei bonghi presi in comodato dagli Amon Duul I, la Knaup è musa di deriva e libertà Clap your hands / Because you're gonna die / Every victim is searching for his hangman / Every hunter is stalking his prey / Victim find a victim and hang, con un incedere lirico a tratti drammatico fino a culminare in una lunga jam space rock Hawkind oriented.
Era quel paesaggio gotico, siderale , culla di quei pensieri stranianti ma anche decadenti.
Si come quel gioiello di Skolimowski di Deep End, pellicola spacciata per british ma quasi integralmente girata nei dintorni di Monaco, Susan/Jane Asher, come il Cosmo, era lì, a portata di mano, ci potevi uscire anche se tu minorenne e lei 25enne, potevi darle il primo bacio al cinema, ma come il Cosmo non poteva mai essere essenzialmente tua, era sempre lì solo ad un passo, ma alla fine sempre sfuggente, la potevi immaginare, percepire...ma sarebbe stata sempre distante, anche solo un passo...come quel Cosmo...come quella Musica… Portò in un certo senso, l’animo umano all’esasperazione, il senso del possesso che fu prealessandrino era in balia di sogni che incantavano e incartavano tutte le notti.
E cazzo Watson che problema quando nel 73/74 quando da quei sogni, tutte quelle band krautokrukke iniziarono pian piano a svegliarsi, chi più disilluso e chi meno, i corrieri cosmici erano salpati...a terra, Susan un puntino sempre più lontano nell’eliosfera e che tonfo i nostri Duuls, che botto, possono dire quello che vogliono, di essere atterrati doucement grazie a quella atmosfera trancaise, ma il boato si sentì eccome…
Questo vinile però va detto ha sette vite, anzi è un frisbee; più lo butti dalla finestra e più ti torna indietro, la polvere cosmica di Tanz Der Lemminge insomma...non è svanita del tutto, e basta lasciarsi incantare da una superba Renate Knaup in versione Babooshka in Jaulosie.
Oppure dalla splendida Im Prater Blühn wieder Die Baüme, una base di organo suggestiva di Falk intermezzata da break di rullante, quella vecchia primaverile canzone austriaca che parlava degli alberi che tornano a fiorire nel Prater di Vienna.
Il titolo del brano, casualmente tradotto potrebbe dire : Nel cratere...( dopo il tonfo dal Cosmo…) i fiori sono di nuovo sbocciati.
Che Botto, comunque.
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