Navigando per la rete, potete trovare decine di pagine dedicate a "Neptune With Fire" ('08), esordio di questo quintetto proveniente da Los Angeles.
Se avrete la pazienza di leggere qualche commento, troverete chi ne apprezza il taglio retrò, chi si compiace per la perfetta commistione di stoner prima maniera e psichedelia anni '60, chi ne evidenzia i rimandi a certo prog d'annata...
Molti lo hanno addirittura inserito tra le migliori uscite del 2008. Quasi tutti sono concordi nel ritenerlo un ottimo album.

Al di là di ogni valutazione, credo che "Neptune With Fire" sia soprattutto un disco ambizioso, fin dalla sua struttura: due sole tracce, divise al loro interno in quelli che potrebbero definirsi "movimenti" (mai virgolette furono più d'obbligo), per quasi 40 minuti di durata.

Il punto di partenza è, come accennato, uno stoner-doom tanto già sentito, quanto efficace, costruito su riff semplici, ma ruvidi e polverosi quanto basta per stimolare un air guitar violento e gudurioso, con chitarra alle ginocchia e faccia cattivissima.
Bastano pochi minuti, però, perché l'immanenza chitarristica venga abbandonata a favore di scenari sonori decisamente più dilatati e impalpabili, in cui le cadenze tipicamente stoner e il cantato roco di Justin Maranga lasciano il posto ad avare manciate di note dal gusto quasi (molto quasi) "post", effetti space, riverberi, giochi di delay, cori femminili ed epici crescendo strumentali che -con un bel po' di immaginazione - possono addirittura ricordare certi passaggi orchestrali dei primissimi King Crimson.

Un disco, insomma, che almeno sulla carta, punta in alto, ma che, ad un ascolto più attento, mi è parso povero nella sostanza, spesso prolisso e, soprattutto, penalizzato dalla scarsità di mezzi tecnici a disposizione del gruppo.
L'assolo di "Orcus Avarice", in particolare, è forse tra i più brutti che mi sia mai capitato di ascoltare, tanto è piatto e mal suonato. La sezione ritmica, poi, pare costantemente accontentarsi della soluzione più facile e telefonata. In generale, tutto il disco si rivela essere costruito su un numero molto limitato di idee che, semplicemente, vengono dilatate, diluite e ripetute fino allo sfinimento.

Forse il paragone non è del tutto pertinente, eppure mentre ascoltavo questo disco il pensiero mi è andato più volte ai Mammatus. Il gruppo di Corralitos, infatti, fin dall'esordio si è dimostrato in grado di modellare forme musicali in continuo mutamento, imponenti e maestose, capaci davvero di rapire l'ascoltatore, di rendere omaggio a padri tutelari ingombranti e di creare un sound, per quanto derivativo, estremamente affascinante. Gli Ancestors, al contrario, sembrano quasi partire dall'idea per cui suonare "psichedelici" significhi far girare ad oltranza le stesse 7-8 note di basso, aumentando poco alla volta i volumi, farcire il tutto con un bel minestrone di effetti per chitarra e tirarla il più possibile per le lunghe.

Intendiamoci: "Neptune With Fire" è un disco non certo privo di fascino e non può negarsi che taluni passaggi siano davvero suggestivi, ma a mancare è soprattutto l'imprevedibilità e - se non è chiedere troppo - il colpo di genio, quel "quid pluris" che non faccia venire voglia di archiviare il tutto tra gli ennesimi parti heavy psych della scena californiana.

Un consiglio: non fidatevi di questa recensione.
Procuratevi "Neptune With Fire" e preparatevi ad ascoltare quel gran disco di cui tutti parlano con le mutande tese come una tenda da campeggio.
Poi, per favore, tornate qui e ditemi se mi devo cercare un buon andrologo.

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