Devo essere sincero: non è il mio primo tentativo di recensire il nuovo album di una delle band che mi hanno metallicamente cresciuto. Innanzitutto perchè è difficile essere obiettivo, e rischio di diventare ingiustamente critico, ma soprattutto perchè quando uscì l'album precedente avevo poco più di vent'anni e adesso plano pericolosamente verso i trenta.
Il mio ventenne alterego avrebbe fatto carte false per il ritorno di Belladonna, e magari si sarebbe accontentato anche di un album sulla falsariga delle antiche sonorità. Adesso praticamente fregandomene dei preconcetti giudicherò in maniera obiettiva.
Cominciamo con il dire che "Worship Music" è stato annunciato da Charlie Benante come un connubio tra "Persistence Of Time" e "Sound Of The White Noise". Ovvero una sorta di mistura tra il Thrash Metal del periodo Belladonna, con una spruzzata di "Hard/Groove, Rock Post Grunge" dell'era John Bush. In questo caso però a farla da padrone è il significativo ritorno allo stile degli esordi, e i fan della prima ora grideranno al miracolo. In effetti "Worship Music" è la cosa che più si avvicina al metal nel senso stretto della parola prodotto dagli antraceni da un bel pò di anni a questa parte. Un vero ritorno di fiamma? Una mossa paracula? Come mai proprio in concomitanza con la tournèe dei "Big Four" Scott Ian e soci ritrovano l'amore per le sonorità Thrash?
Lo stile è Anthrax AL 100%, niente autocelebrazioni, e niente parodie (come "Death Magnetic" per i Metallica), anzi i cinque fanno tesoro di quanto in passato gli è riuscito meglio: potenza, velocità, groove, simpatici ritornelli. La voce di Belladonna è un sicuro marchio di fabbrica al quale nessuno di noi avrebbe mai voluto rinunciare (nonostante le ottime doti vocali di Bush), e quando parte "The Devil You Know"sembra relegare gli ultimi quindici anni della band ad una troppo prolungata parentesi. L'album in generale si mantiene su livelli dignitosi: abbastanza thrashy per accontentare la vecchia guardia, e timidamente moderno per ricordare alle "frangette" che i nonni sono più fighi di loro. "Earth on Hell", "Fight Them till' you can", non sfigureranno dal vivo anche accanto alle gloriose "Among The Living" e "Madhouse". Tra le migliori del lotto citerei sicuramente "In The End", la finale "Revolution Screams" dal riuscito refrain. Per il resto nessun particolare sussulto, niente da tralasciare ai posteri.
Le idee in generale ci sono, ma vogliamo essere maligni? Vogliamo trovare il pelo nell'uovo? Forse nel complesso si evince una sensazione di "riciclaggio sporco" sia nelle sonorità (il riff di "Fight'em" è identico a quello di "Gridlock" su "Persistence of Time") che nella copertina: identica a quella di "We've Come For You All". Vogliamo altrimenti parlare della squallida telenovela che ha visto avvicendarsi ben tre diversi cantanti come papabili frontman? Oppure ci accontentiamo dello sforzo dei non più giovani antraceni di ritornare nei cuori dei metal kids?
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