Gli anni 60 crescono, maturano e con loro quegli stessi ideali che nel decennio successivo troveranno terreno fertile. Quegli stessi ideali ciechi, biechi e torvi che da un momento all’altro deflagreranno senza lasciare nulla di concreto. Gli anni 70 si portano alle spalle il peso di quelle ideologie sublimante e ne consegue un periodo turbolento e vorticoso fatto di morti intellettuali e stragi generazionali. Testimoni sono i cantautori italiani che da nord a sud cantano, fotografano e filmano con estremo dettaglio quel periodo, tutti in maniera personale. Si fanno portavoce di quei malcontenti, quelle illusioni e quelle speranze che permeano la società. Lo fanno insieme con coesione e partecipazione, le loro opere si parlano, si incontrano e si intrecciano.

Precursore di tutto ciò è un certo Francesco Guccini che darà vita nel 1965 alla cosiddetta “canzone impegnata” con “Dio è morto”. Esattamente 10 anni più tardi vede la luce un album che divide nettamente -cronologicamente e non- un periodo, un uomo, un’artista. Viene pubblicato Lilly, il quarto album in studio di un giovane cantautore romano di nome Venditti.

Solo 7 canzoni:

“L’amore non ha padroni” una canzone di non amore dedicata all’ allora moglie Simona Izzo dove gli ideali prevaricano su melensi sentimentalismi, canzone che rappresenta il punto di rottura della coppia

Liberi di dirci tutto quello che pensiamo noi
E non importa certo se ci amiamo o no
Quando le stelle illuminano il silenzio
Il silenzio delle idee”

In “Attila e la stella” e “Santa Brigida” ritorna uno degli elementi predominanti della poetica di Venditti, Roma e i romani, di cui Venditti insieme a Franco Califano è alfiere

Il campanilismo qui si veste da narrazione storica, con l’avanzata degli Unni in città. Si rivelerà essere una delle dediche più belle alla città eterna.

“Leone levò il calice al cielo
E fu per ignoranza o per sfortuna
Che questa stella figlio è ancora a Roma”

Nella seconda Venditti “ruba rubini puri dalle tasche” di un suo amico/nemico, a Santa Lucia segue Santa Brigida, una preghiera in dialetto che si rifà ad un antico motivo popolare.

“Santa Brigida mia divina
Nun fa' piover alle castagne
Nun fa' piover alle castagne
O sole che nasci povero
Illumina 'sta terra

“Penna a sfera” è una invettiva poco avvelenata e molto ironica e satirica alla stampa che ieri come oggi si rifà allo scandalo e a sterili polemiche. Nata dopo un articolo scritto dal giornalista Enzo Caffarelli, che criticava la mancata adesione da parte di Venditti e De Gregori a quelli che sono ideali tipicamente di sinistra. L’ intervista successivamente costerà a De Gregori un “processo popolare” al Palalido di Milano.

"Per gli amici solamente penna a sfera
Il tuo nome è diventato una bandiera"

“Lilly” è un urlo disperato, una speranza infranta è la fragilità degli ingenui. Lilly vive attraverso la memoria, attraverso varie immagini fatti di viaggi e studi. Vissuta sulla stessa pelle di Venditti rappresenta la più intensa, dolorosa, struggente canzone italiana mai scritta sul tema delle droghe, raccontando con minuziosità e con un’emotività mai retorica la devastazione più intima della dipendenza che riguarda in primo luogo i sentimenti, le relazioni e gli affetti. Lilly rappresenta infine la morte di un’intera generazione.

Quale treno ora?
Quale libro ora?
Quale amore ora mi ti potrà ridare?”

In “Compagno di scuola” che siano i banchi o le trincee poco importa, durante e dopo il 68 non c’è un attimo di tregua. Venditti partecipa attivamente a quelle contestazioni e rivolte riuscendo a descrivere contrasti e disillusioni di un’intera generazione. Una canzone sull'evoluzione di chi siamo e di chi abbiamo accanto, sulle inevitabilità delle separazioni. Su chi conserva l'ideale e chi lo svende.

La netta divisione di ideali che andavano pian piano scemando

“Dove Nietzsche e Marx si davano la mano”

Laddove il sovversivismo si piega ad una inevitabile avidità

Ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?

Infine troviamo “Lo stambecco ferito” un pezzo talmente grande, talmente trascendentale che merita sicuramente una recensione a parte.

Solo 7 brani che rappresentano la summa di un periodo, di un pensiero, di un uomo e di un artista, l’apice massimo che non riuscirà mai più a raggiungere. Lilly rappresenta una pietra miliare all’interno della discografia cantautorale italiana. Un album sentito, storico, impegnato, ispirato e completo sotto tutti i punti di vista.

A Venditti bisogna riconoscere la peculiarità di essere il più camaleontico tra tutti i cantautori italiani, con una capacità adattamento fuori dal comune: rabbioso e passionale negli anni 70, furbo e disimpegnato nel decennio successivo dove abbraccerà del tutto il “periodo del riflusso” propinando opere del tutto mediocri rispetto i suoi primi lavori.

Ci lascerà con una canzone che prende il titolo di “Modena”, gli basterà leggere una piccola inserzione all’interno di un giornale: <<Coca Cola presenta festa dell’Unita>>.

L’Italia cambierà per sempre, Venditti cambierà per sempre, il bagliore di quella cometa che lo guidava verso l’est ormai è languida, si sta spegnendo e allora:

Ma cos’è questa nuova paura che ho?
Ma cos’è questa voglia di uscire e andare via?

Dopo quel 1979 prenderà il suo posto un certo Antonello, capace di riempire interi stadi e rimanere saldamente nei primi posti delle classifiche, cosa che a Venditti non andava tanto a genio.

È una storia circolare fatta di tante domande e poche risposte:

"Ciao uomo, dove vai?
Balli nel cuore del nostro universo,
Ma alla fine della tua storia
Piangi d'angoscia dentro di te

Non ho paura d'andare lontano
Oltre il sipario che copre la scena"

Alla fine, chiuso il sipario, la platea delusa e sconfitta rimane con una sola domanda:

“Dove è andato, dove è andato il coraggio spavaldo di un cantautore?”

Carico i commenti...  con calma