Gli Art Bears sono un terzetto nato dall'unione di due gruppi a me molto cari: gli Henry Cow e gli Slapp Happy. Più precisamente la formazione comprende Fred Frith e Chris Cutler (chitarra e batteria) dagli Henry Cow e Dagmar Krause (voce) dagli Slapp Happy. Si formarono intorno al 1978 o giù di lì...

Le cose andarono più o meno così: subito dopo la pubblicazione di "In praise of learning" (1975), Anthony Moore e Peter Blegvad, membri fondatori degli Slapp, abbandonarono il collettivo. Stessa cosa fece John Greaves, bassista dei Cow, che con Peter Blegvad nel 1977 darà vita al progetto "Kew Rhone". Gli Henry Cow tirarono avanti fra gli ulteriori cambi di formazione, i molti concerti tenuti in varie parti d'Europa e la scrittura di nuovi spartiti. Ad un tratto però questi simpatici musicisti si resero conto che nel nuovo materiale composto, dopo adeguato lavoro di sgrossatura e limatura, andava prendendo forma un pugno di canzoni. I Cow erano abituati alle lunghe sbrodolate strumentali... La forma canzone non faceva al caso loro. E allora i già citati Fred Frith, Chris Cutler e Dagmar Krause decisero che era giunta l'ora degli Art Bears.

"Hopes And Fears" contiene le canzoni di cui sopra. Già dal primo ascolto si nota un cambiamento di stile e di influenze rispetto al passato. Per esempio maggiore importanza hanno gli archi di Fred Frith (provetto violinista) e Georgie Born (violoncellista) anch'ella proveniente dagli Enrico Mucca. Il folk poi non sembrava il genere preferito dai Cow, i Bears invece ne sono ghiotti. Si tratta però di un folk del quale non si capisce bene la provenienza: britannico, balcanico, arabo? Intendiamoci, la mia non è una critica, tutt'altro... che la musica abbia un sapore antico e nessuna specifica connotazione geografica, mi pare pure bello. Infine le variazioni: ce ne sono meno, il lavoro punta su strutture ripetitive, plastiche, a volte estenuanti ma è l'orchestrazione tutta a generare un sentore di angoscia, giusto accompagnamento al monito terribile della Krause...

La prima traccia mette subito in chiaro che gli orsi non sono in vena di scherzi. E' infatti la marcia dolente dal titolo "On Suicide" della premiata ditta Brecht-Eissler ad "aprire le danze". Su un tappeto di clarinetto di Lindsay Cooper (in prestito dai Cow), la Dagmar auspica che dalle città spariscano i ponti e che siano aboliti l'inverno, le sere piene di malinconia e le ore fra il tramonto e l'alba. E' in quei luoghi e in quei frangenti che le persone che vedono solo la loro miseria gettano via una vita insopportabile... Dai toni brechtiani è anche la sofferta "Pirate Song", dove spicca il bel piano di Tim Hodkingson qui ospite sia come autore che come esecutore. Possiamo così ascoltare la confessione di un pirata che, dopo aver accumulato ogni sorta di tesori praticando il furto e l'assassinio, dice: "ben volentieri darei via tutto quanto... Non voglio comprensione né commiserazione, siamo in una catena. Per una vita che si perde, mille altre si salvano. Parlo come parlereste voi, vedo quello che vedreste voi..."

"In two minds" è il brano più rockettaro del lavoro e uno dei più, come si dice, trascinanti. Il riferimento agli Who appare chiaro nella sezione centrale. In questa sezione il pianoforte e la chitarra danno l'impressione di una rinascita o di una liberazione oppure, se volete, di una voglia irrefrenabile, giusta reazione alla claustrofobia delle strofe precedenti dove la chitarra del Frith pare quasi un antifona. Questo pezzo nelle due distinte sezioni racconta una storia di normale oppressione famigliare ai danni di una giovane donna. Di straordinario lirismo la voce di una Krause molto partecipe.

Per finire questo parziale track by track, segnalo due bellissimi brani strumentali a firma Frith: "Terrain" e "Moeris Dance". E' qui in particolare che prende forma il folk che ho più sopra maldestramente descritto. Trattasi per altro di brani concepiti per la danza, magari per qualche occasione di festa e vorrei davvero sapere chi riuscirebbe a ballare su questi ritmi cangianti e su queste melodie dissennate. Ma tant'è...

Gli Art Bears dureranno un paio d'anni. Dopo "Hopes and Fears" pubblicheranno gli ottimi "Winter songs" e "The world as it is today". Successivamente i musicisti prenderanno strade decisamente diverse. Fred Frith se ne andrà a vivere al Greenwich Village, Dagmar Krause inizierà la sua carriera di interprete Brechtiana e Chris Cutler suonerà con tizio e caio... Gli amici veri però non si dicono mai un addio definitivo e molti saranno i progetti che vedranno i tre di nuovo insieme...

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