E' arrivato il momento di mettere il punto finale sulla disamina che ha visto coinvolta quella che è indubbiamente tra le entità più brillanti dell'intera storia della musica: Autechre. Lo facciamo con l'ultima uscita di tale leggendario duo, quel "Move of Ten" che arriva poco dopo il deludente "Oversteps" e che vede, ancora una volta, un cambio di rotta importante all'interno del proprio iter artistico. Lo si fa con la speranza, in futuro, di poter riempire ancora questo database, magari con nuovi dischi, nuove sperimentazioni, e nuove evoluzioni di una storia articolata e decisamente affascinante. 

Dicevamo di "Oversteps", un disco sconclusionato ed oggettivamente blando che non poteva che far temere il peggio per quest'altra - temporalmente vicinissima - release, appellata dallo stesso duo come un EP, ma in realtà un album vero e proprio visti e considerati i suoi 45 e passa minuti di durata.

Ciò che salta subito all'orecchio è il ritorno prepotente della componente ritmica, che era venuta meno nei precedenti lavori, e che viene adesso, non raramente, spinta al limite, ricordando quanto di ritmicamente disorientante ed eccentrico il vorticoso "Untilted" seppe offrirci. I due sono ispirati e si sente, e forse coscienti delle mancanze di "Oversteps" decidono di sfoggiare ora tutte le loro armi più potenti: sperimentazione pesante, tecnologia avanzatissima, idee innovative, ritmi geniali, suoni elaborati e trame talmente avventurose e complesse da ridurre intoccabili suite prog alla stregua del più innocuo pop da classifica.

E cosi non stupisce che l'opera, come tipico dei due inglese, parte sin da subito sparatissima, senza menate varie, senza introduzioni epiche, senza qualsiasivoglia di profondi e cinematici scapes; ciò che sentiamo sulla nevrotica "Etchogon-S" sono gli Autechre al top della forma, con i cervelli in fermento; ritmiche introverse e metriche indecifrabili dove scheggie di selvaggi elementi percussivi dal retrogusto impro sembrano piovere da ogniddove, avendo constantemente la meglio su quelle minacciose e aformi progressioni FM che costituivano l'argomento principale di "Oversteps", adesso ridotte a mero 'fondale', richiamando in parte i deliri paranoici. nonchè la doppia natura fisico-formale. del mai troppo citato "Confield". Fantasmi temuti che ritornano prepotenti sull'altrettanto criptica "y7", cui fanno compagnia quelli di "Quaristice", nello specifico gli asettici e ipnotici acidismi che caratterizzavano il multiforme album uscito due anni prima.

Un avvio concitato e conturbante che si spinge ulteriorlmente oltre col capolavoro "pce freeze 2.8i", apice assoluto dell'opera e tra le vette massime dell'intero operato by Ae; il ritmo lugubre e crepuscolare dalle tinte jam-master-jay-ane ci ricorda che l'hip hop continua a rappresentare un ispirazione evidente per i due, mentre al contempo la rumoristica cutting edge e il miasma algoritmico-modulare ribadiscono la schiacciante supremazia tecnologica sul resto della scena IDM, o presunta tale, ancora dietro al drill, al click'n'cuts o al cosiddetto 'pointless mangling', altresì detta masturbazione. "rew (1)" sembra invece il crunk ripulito da oro e tamarraggine; un crunk destrutturizzato e disossato, o meglio un hip hop grottesco e isterico, volto nemmeno troppo velatamente alla dislocazione del cervello tramite mantrici psichedelicismi che sposano psicologia cosi come uno sciamanesimo dai cromatismi ora primitivi, ora futuristico-sci-fi.

Sono gli Autechre che preferiamo questi, quelli che riescono a suonare diversi non solo da questa stessa scena, ma anche da loro stessi, disco dopo disco, brano dopo brano. Le idee non si contano, un flusso inesauribile di ginnastica mentale che fa riflettere, fa riflettere del perchè e del per come terze entità musicali, siano esse band, cantautori o producers si limitino a ripetere gli stessi discorsi per dischi, se non anni. Daltronde se non ci fosse l'elemento sorpresa, la costante ricerca su suono e forma, lo sfuggire da regole e generi beh non ci sarebbe nemmeno motivo di approcciarsi ad essi.

"Move of Ten" ribadisce tutto ciò, e lo fa in modo chiaro e diretto. Il caleidoscopico melodramma FM di "iris was a pupil" richiama "Oversteps" in tutto e per tutto, anche nel titolo volutamente minuscolo, quasi a ribadirne l'anima iperbolicamente dilatata e minimale; "ylm0" è cosmica, dolce, gioviale e non si allontana poi troppo dalle tele oniriche dei Cluster più organici; droni atroci, sinusoidi cristalline ed inaspettate venature esotiche stendono un tappeto borderline ai breaks soppressi e meccanoidi di "nth Dafuseder.b", mentre "no border" e "M62" sembrano invece voler riposare gli animi, forti di un clima disteso, vibrante e mai invadente. Parvenze di umanità che sembrano persistere nella stessa "Cep puiqMX", che si apre con un intro dai toni crimsoniani e fiabeschi, che distilla krautrock e OST kolossal, salvo poi virare su strade completamente differenti, popolate da atmosfere allucinate e texture atonali, frammenti ritmici brutalmente dissestati e macabre trivellate post-industriali che lo rendono di fatto il pezzo più indecifrabile dell'intero disco.

Oggigiorno gli Autechre sono un pò la personificazione dell'elettronica stessa, delle sue stesse turbe e contraddizioni, del suo essere macchina e della sua soltanto presunta mancanza di anima. Concetti per la verità già incontrati sul monumentale "Untilted" e devo dire ben riaccolti in quest'ultima fatica, una piece di grande levatura che lascia intravedere un futuro quanto mai roseo, oltre che una voglia di esplorare e abbattere barriere che sembra farsi sempre più incombente, necessaria e, probabilmente, fisilogica.

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