Ho scoperto questo gruppo francese su un vecchio forum in cui suggerivano album post rock, ed il mio cervello - ovviamente - immagazzina nomi su nomi, e poi ad un certo punto decide che è ora di avere e ascoltare.

Ascoltare in realtà non è poi cosi semplice. Ascoltare davvero intendo. Ascoltare non solo per riempirsi le orecchie.
Dopo il primo ascolto mi è stato facile, troppo facile, catalogare questo come un album un po' noiosetto. Ma per fortuna, ho insistito, ed ora mi ritrovo a volerne scrivere. A voi se questo sia un bene o un male.

Ho ri-letto attentamente il titolo del disco, Spacebox, e come al solito i titoli non hanno senso finchè non glielo trovi. Quella parola - Space - mi ha fatto capire come dovevo ascoltarlo. Cercare gli spazi e non le note, le pause e non i suoni.
Ecco allora che mi ritovo a scomodare un piccolo capolavoro come Hex dei mai abbastanza acclamati Bark Psychosis, per aiutarmi a definire questo album. Un disco che ha delle intenzioni simili a quelle del gruppo londinese, che valorizza i silenzi, che canta sussurrato, ma che al contrario ha la batteria suonata sempre con le spazzole (che caratterizzano tantissimo il suond generale), il contrabbasso e sonorità quasi completamente acustiche.

Capaci di vortici ipnotici e cullanti, atmosfere dilatatissime ma senza sofciare mai nell'ambient concettuale, il gruppo riesce nella piccola impresa di creare un album fragile ma al contempo solido, in cui basta una semplice linea di contrabbasso a definire un pezzo (Wondertalk), oppure un paio di armonici in loop (Plainfield).
Certi pezzi più notturni come Nightsweeping, altri appena più solari, come il singolo Polder One (con colori presi in prestito dai Belle & Sebastian), o ancora l'intreccio chitarristico di The Silent Bees con un gradevolissimo sottobosco di synth.
Ma è alla fine che questo progetto da il meglio. Gli oltre 8 minuti di The Wood Bunch sono una stasi folgorante ed interminabile. Un pattern sui piatti semplice fa da sfondo ad alcuni accordi appoggiati, ed in poco crea un'atmosfera densa e palpabile, dolce ed inquietante; fino al mantra finale ripetuto cosi tanto da diventare un'allucinazione.
tanto da diventare un'allucinazione.
tanto da diventare un'allucinazione.

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