Nel 2018 si puo ancora comporre musica rock che sappia essere all'altezza del grande passato ? Evidentemente si.

Qui il protagonista è il blues, ma pure il rock, miscelati alla perfezione in un unicum "modern electric blues", come direbbero i musicisti, quelli bravi.

Protagonisti: un "giovane" musicista (vecchio ormai di militanza artistica, se consideriamo che il suo esordio discografico è del 1992), Ben Harper, ed un vecchio armonicista di lunga esperienza, sempre nel recinto del blues, Charlie Musselwhite; un nero californiano ed un bianco del Mississippi, anche geograficamente, connubio perfetto di Blues e Rock.

Ben Harper, va riconosciuto, ha sempre composto dischi di grande schiettezza: mai iperprodotti, sempre in "presa diretta", suonando, senza orpelli, gli strumenti (spesso lui solo a suonare tutto) e mixandoli in modo "casereccio". Questo disco non fa eccezione alla sua regola artistica.

La presenza di Charlie Musselwhite si limita (si fa per dire) alla sua armonica, presente in tutti i pezzi, ad accompagnare la voce afona, ma sempre molto intensa, di Harper, come fosse una "seconda" voce: ecco perchè il "duo" funziona così bene, perchè nessuno dei due elementi fa "il protagonista", ma la voce di Harper e l'armonica di Musselwhite diventano protagonisti insieme.

When i go e Bad habits sono due grandi esempi di magnificenza del rock-blues più puro; il primo è suonato e cantato alla Stones, sembra quasi provenire dal loro recente Blue & Lonesone, uno straordinario disco di cover blues degli Stones (quelle di Harper però non sono cover, ma pezzi originali !); il secondo è un blues alla Dylan, con il classico riff chitarra -armonica a separare le strofe, sembra provenire dalle sessioni di Highway 61 revisited.

The bottle wins again (blues) e Movin' on sono pezzi alla Muddy Waters, blues ma dal piglio hard rock, impreziositi da bellissimi assoli di chitarra elettrica di Harper.

When love is not enough e Nothing at all sono i capolavori del disco, pezzi, a parere mio tra i più belli mai scritti nel genere, che in questo caso è un soul-blues che riporta molto indietro, fino a Ray Charles; chiudendo gli occhi sembra quasi di sentire Charles, non solo per il suono del pianoforte, suonato qui da Jesse Ingalls e dallo stesso Ben, ma anche per la voce di Harper, in questo caso molto vicina al cantato nostalgico, tipico di papà Ray.

No mercy in this land, la titletrak, è l'unico pezzo cantato da Musselwhite: ottimo pezzo country-blues, tutto suonato alla chitarra slide ed all'armonica. Anche questo è un miracolo, un pezzo che non ha nulla da invidiare ai capolavori del genere scritti oltre cinquant'anni fa: che nel 2018, epoca di musica usa e getta, digitale-non suonata, si possa scrivere un capolavoro scarno, ma pieno di "anima", come questo, è un vero miracolo.

Questo è un disco senza tempo, un piccolo gioiello, da custodire gelosamente, ascoltandolo con rispetto, come quando ci si avvicina a qualche reperto antico, restituito per caso dalla terra.

Se nel 2018 si possono presentare ancora cose "nuove" e non cover di questo livello, allora la musica ha ancora un futuro e qualcosa da dire.

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