Un musicista particolare, Billy Bragg.
Basti pensare che il riconoscimento più evidente ed inatteso lo ha ricevuto dai Rancid, un gruppo che con lui non è che avesse (ed abbia) molto da spartire. Cito la prima strofa di «The Wars End», brano contenuto nel loro album «... And Out Come The Wolves»: «Il piccolo Sam era un punk / Sua madre non lo capiva / Si intrufolava nella sua stanza e distruggeva i dischi di Billy Bragg / Non voleva che ascoltasse quel comiziante comunista ...». E poi, c'è Lars Frederiksen, che nell'esordio con i suoi Bastards, del Nostro coverizza l'innodica «To Have And To Have Not».
Ed ancora, che dire del fatto che la sua opera migliore sia un classico disco di transizione? Quando mai è accaduto che un disco di transizione sia anche il migliore di un'artista? È come se «Give'em Enough Rope» fosse il miglior disco dei Clash!
È proprio un disco di transizione «Talking With The Taxman About Poetry», pubblicato nel 1986, ponte ideale tra il Billy Bragg che era e quello che sarà in seguito.
In origine, Billy Bragg era un one man band, un nipotino arrabbiato di Woody Guthrie, uno che voleva suonare come i Clash ma non aveva un chitarrista, un bassista ed un batterista ad accompagnarlo, e allora faceva tutto da solo e se ne andava in giro con la sua chitarra elettrica e l'amplificatore in spalla, alla scoperta di un'Inghilterra e di un mondo migliori, anche se ironicamente in una delle sue canzoni più famose (si fa per dire), «A New England», affermava di non voler cambiare il mondo ma solo di essere alla ricerca di un'altra ragazza.
Tutta la sua produzione originaria è raccolta in un doppio LP intitolato «Back To Basics», disco da ascoltare a piccole dosi (un lato per volta, al massimo) per far si che la validità della proposta non sia sopraffatta dall'inevitabile monotonia stilistica: prova, caro DeBaseriano, ad ascoltare per due ore uno che maltratta una chitarra elettrica e canta in uno slang incomprensibile, e poi mi dirai!
Ma Billy Bragg, oltre che ascoltato, va soprattutto letto, avendo uno dei suoi punti di forza nei testi: lui, più che con la chitarra, i fascisti li uccideva con la parola.
Del Billy Bragg «tutto chitarra ed impegno», in questo album sono presenti alcuni esempi notevoli, su tutti «Ideology» e «There's Power In A Union», nonché l'omaggio a Vladimir Majakovskij, da un cui componimento è titolato il disco (c'entra poco, ma il mio ricordo più divertente legato a quest'opera è quello di un critico "sborone" che, per farsi bello, ne tradusse il titolo in «Parlando di poesia con il tassista»).
Ma soprattutto, a suscitare interesse è l'anticipazione del Billy Bragg che sarà: l'approfondimento di tematiche maggiormente intimiste ed una musicalità più complessa ed ariosa conferiscono ai brani uno spessore fino ad allora sconosciuto. Ed è così che si fanno ammirare la briosa «Greetings To The New Brunette», l'ironica «The Marriage» e la cabarettistica «Honey I'm A Big Boy Now», cioè proprio quei brani che non ti saresti aspettato da Billy Bragg. Ma come non citare anche «Wishing The Days Away», o la dolente «Levi Stubbs' Tears», fino ad accorgerti che questo disco è uno scrigno che racchiude in sé dodici perle.
Realizzerà altri ottimi dischi, Billy Bragg - da ricordare almeno «Don't Try This At Home» e l'omaggio a Woody Guthrie di «Mermaid Avenue» insieme ai Wilco - ma purtroppo non raggiungerà più le vette di «Talking With The Taxman About Poetry».
Di Billy Bragg, qualcuno scrisse che «... la sua musica è uno scudo eretto contro la grettezza umana e l'avidità dei potenti ...»: anche solo per questo, «Talking With The Taxman About Poetry» dovrebbe essere ascoltato almeno una volta e mai dimenticato.
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