Consonanze e marcette, delicatezza e strafottenza infantile; tracce di carezze dopo un gavettone di ingiustizie. Mai a fuoco così, come da tempo, la band scozzese della “C86” generation, sorretta dall'ormai ultracinquantenne Duglas Stewart, continua, nel suo semi-anonimato, a produrre bellezza per pochi intimi.
Forever è dolce e innocente come una striscia animata con protagonisti di pongo: qualcosa a metà strada tra un documentario del defunto Dipartimento Scuola Educazione e una botta di acido, di quello che levati.
Le influenze, come sempre, attingono alla psichedelia celata dalle docili armonie, pratica da Beach Boys di Pets Sounds, per intenderci, o commercials americani con i bambini che giocano dopo aver lavato i denti con il Colgate. E poi un tocco di vecchio Broadway e una spruzzata ossequiosa al Morricone, quello che ci va giù sexy nelle scene di passione dei film anni Settanta (l'avete capito, lo so).
E in questo incedere, arricchito da sipari beatlesiani (complice anche la collaborazione di Dr Cosmo's Tape Lab), ti arriva anche il featuring con un altro gran disadattato della musica dei nostri giorni: Anton Newcombe dei Brian Johnston Massacre, in un pezzo che sa di America (la nazione e la band) e i Byrds (la band e 'stica...).
Forever è l'album perfetto per rigenerarsi dopo una tre giorni di trattamento sanitario obbligatorio; è benzodiazepinico nel suo incedere e a tratti, nel suo risultare buono e consonante, sembra non lasciarti scampo. Di solito, la gente che vede il bene, al di là del bene e del male, o è strafatto o rischia di ritrovarsi a gironzolare per la stazione in cerca di cartoni non pisciati da usare come coperta.
Piaceva a Cobain, questo stravagante collettivo di loosers. Gli piacevano gli outsider a Cobain, su tutti il bipolare Daniel Johnston, ma un giorno disse che se non avesse formato i Nirvana gli sarebbe piaciuto entrare nella Bmx Bandits. Paradossalmente, è più vivo da morto Cobain, con tutta la sua mitologia a seguito, che una band biologicamente viva e ingiustamente sottovalutata, soprattutto in questa ultima sortita discografica, davvero deliziosa.
Pare proprio che la Scozia, quest'anno voglia essere presente nella mia top 3 degli album dell'anno: tra questo e “I will kill again” dei Meursault sarà una bella e pacifica lotta. Immaginate una guerra di fiori e palloncini colorati. Magari passano anche le paure.
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