In piena era grunge arriva il secondo lavoro solista di Bob Mould. Il cantante chitarrista di Minneapolis, dopo un esordio poco convincente e tutto sommato poco ispirato di "Workbook" e del suo folk-alternative rock, decide di riappocciarsi al rock. Ma il passato non torna mai per come fu, ed in effetti ancora una volta pochi sono i pezzi che rimandano alla gloriosa avventura degli Husker Du.
In fin dei conti, però, questo altro non è che un buon segno, poiché alla ripetizione di standards (nel rispetto della regola che vede i "sequels" mai eguagliare nella qualità e nel successo gli "originali"), Bob preferisce regalarci cinque canzoni di rock basate su grandi melodie sopra a schemi di riff in ripetizione. La migliore è "Stand Guard", la più orecchiabile è "It's Too Late", quasi disarmante, per essere composta da uno che, fino a poco tempo prima, ogni volta che metteva a tracolla la chitarra, andava in autocombustione istantanea. Le altre sono la sofferta "Stop Your Crying", la veloce "Out Of Your Life" e la spettacolare "Hear Me Calling", tutta in levare e dai bei vocalizzi in coro.
Più tradizionali, la punksong "Disappointed" ed il violento finale caustico di "Sacrifice - Let There Be Peace". Nel mezzo, un episodio di folk nella ballata gradevole ma troppo tradizionale, intitolata "The Last Night", e due brani rock cadenzati, "Hanging Tree" ma soprattutto "One Good Reason", che sembra uscire dritta dritta dall'ala meno commerciale del Seattle Sound, Screaming Trees in testa. Viene da chiedersi, anzi viene da lambiccarsi il cervello ed enucleare una per una le band che dal gusto degli Husker Du (non solo di Bob) abbiano attinto qualcosa - o molto - da far proprio. Emblematica, a tal proposito, l'iniziale title-track, che somiglia alla celebre "Crush With Eyeliner" di quegli strambi R.E.M. del periodo "Monster", con in più uno special di chitarrazze ed urla che in quaranta secondi ti spiega il perché di mezza discografia dei Nirvana.
Un lavoro che vale, aldilà delle assonanze con le band emergenti di allora, per la melodia e la solarità di cinque gioielli di rock songs e su dei restanti brani, magari poco ispirati, ma sui quali si percepisce quale sia la solidità generale della struttura compositiva di Bob Mould, nonché le sue indiscutibili capacità di arrangiatore ed interprete.
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