Mi è capitato di leggere questo articolo qualche mese fa. Probabilmente all'inizio di giugno. Era un report, una specie di recensione del cosidetto 'Einstein Gala 2016', un evento speciale organizzato a Toronto, Canada, dalla Canadian Einstein Legacy Project e l'Università Ebrea di Gerusalemme, per celebrare il centenario di quello che è stato definito, 'Un momento unico nella storia del mondo.' Cioè quando Albert Einstein creò la sua teoria della relatività. 'Cambiare il mondo con le capacità intellettuali e le visioni di un solo uomo.' Tutto questo succedeva ovviamente nel 1916.

Non mi avventurerò nel discutere di fisica teorica, perché purtroppo e nonostante il fatto io sia interessato a tutte le scienze, non ho nessuna competenza in materia e non sono sicuramente capace di afferrare le questioni più complesse, di conseguenza vi parlerò di quello che mi ha veramente colpito relativamente questo evento, e cioè il fatto che uno degli ospiti più importanti fosse Bob Weir!

Parlo ovviamente del fondatore (di uno dei fondatori) dei Grateful Dead, una delle band più influenti di tutti i tempi e un vero monumento alla cultura del rock psichedelico degli anni sessanta e una vera icona, un simbolo per la civiltà hippy di San Francisco, oltre che essere praticamente secondo molti la colonna sonora del LSD. Perché Bob Weir? Perché sia lui che Albert Einstein sono stati mossi da quella che è una vera e propria passione e che li ha portati a realizzare opere straordinarie nel mondo delle arti oppure delle scienze. Su questa cosa qualcuno potrebbe non convenire, ma d'altra parte fu proprio Albert Einstein a dichiarare ripetutamente che le sue scoperte non erano frutto della logica oppure della matematica, ma erano praticamente vere e proprie intuizioni, un processo che funziona più o meno allo stesso modo per molti artisti. Bob Weir, che oggi ha sessantotto anni, per l'occasione ha ovviamente dato luogo a una performance solista acustica suonando una setlist ovviamente piena di hits come 'Friend of the Devil' oppure 'Jack Straw' e anche una cover dei Beatles: 'Dear Prudence'.

Va detto, a tale proposito, che una performance solista acustica di Bob Weir costituisce un evento quasi unico nel corso della sua lunga carriera e così ecco che 'Blue Mountain' (uscito via Legacy Recordings lo scorso 30 settembre) potrebbe apparire come una specie di sorpresa. Questo anche considerando che, sebbene Bobby non abbia mai smesso di fare musica e suonare in giro per gli Stati Uniti e il resto del mondo, questo disco è in pratica il suo primo disco solista in dieci anni e il primo di canzoni inedite da trent'anni! In pratica un vero evento per gli appassionati alla musica dei Grateful Dead e per la musica americana.

Al disco hanno preso parte un sacco di musicisti e tra questi anche Scott Devendorf dei National e Walter Martin dei Walkmen. La produzione è di Josh Kaufman e dello stesso Bob Weir e tutti e due sono autori di tutte le musiche, assieme a Josh Ritter, che ha inoltre dato un contributo più che rilevante all'intera opera e per quello che riguarda la scrittura di tutti i testi del disco. Al punto che potremmo dire di Josh Ritter (cantautore e musicista classe '76 e molto conosciuto negli US per il suo stile 'Americana' e le sue capacità narrative per quello che riguarda le liriche) che in questa occasione egli sia stato per Bo Weir una specie di 'ghostwriter', che lo ha guidato e aiutato a mettere ordine nel suo personale microcosmo.

Il disco trae principalmente ispirazione da una fase precisa della vita di Bob Weir e di quando lui aveva quindici anni e lavorava in un ranch nel Wyoming. Ne consegue che i contenuti del disco siano molto personali. L'idea fondamentalmente (nata dopo un webcast con Josh Kaufman e i National) era quindi quella di ricostruire questa particolare situazione della sua adolescenza in Wyoming, dove viveva in un vecchio ranch dove lavorava con un sacco di altri ragazzi che erano cresciuti in un'epoca prima della radio e che, quando veniva la sera, erano soliti riunirsi e raccontarsi delle storie e cantare le canzoni. Così Bob divenne il ragazzo con la chitarra che li accompagnava. Così imparò un sacco di canzoni e imparò un sacco di storie. 'Blue Mountain' è un disco di 'canzoni cowboy', una collezione personale di canzoni fondata su quelle che erano le storie e le canzoni che Bob ascoltava seduto attorno al fuoco negli anni della sua giovinezza e che ora lui ci ha voluto raccontare in questo disco che oltre che costituire un tassello importante della sua esistenza, in maniera simile a quello che aveva fatto Johnny Cash con le 'American Recordings', contribuisce al continuo rinnovamento della lunga e infinita tradizione della musica americana.

Che dire. Questo è Bob Weir oggi. Eccolo qui. Per quello che riguarda i Grateful Dead (con John Mayer e gli altri membri originali della band oggi sono in giro come 'Dead & Company) dice che il progetto al momento è in naftalina. Phil Lesh, il bassista, ha seri problemi di salute e al momento allora di suonare in giro non se ne parla. Però dice che lui e tutti gli altri stanno ancora in piedi e che non hanno nessuna intenzione di mollare. 'Blue Mountain' del resto è lontano dall'essere una specie di testamento: Bob Weir ci ha voluto mostrare il suo personale microcosmo, qualche cosa di apparentemente più concreto e lontano dalle jam lisergiche e acide dei Grateful Dead, ma ovviamente c'è un filo che tiene unite tutte le cose e basta ascoltare il disco per rendersene conto. Bob Weir sa perfettamente che la grande eredità dei Grateful Dead oggi è per lo più nelle sue sole mani. È qualche cosa di immenso e di impossibile da quantificare. Si guarda la faccia allo specchio tutte le mattine da anni, cercando di ricostruire tutto quello che ha fatto nel corso degli anni e sebbene lui stesso ammetta di non riuscire sempre a vedere lucidamente l'insieme di tutte le cose e mettere assieme i pezzi, è convinto che prima o poi ne verrà a capo. Io so che lo farà, perché, vedete, del resto è una questione di energia e di intuito e lui possiede tutte e due queste qualità. Qualcuno tuttavia continua a fargli un mucchio di domande nel merito. Tutti gli chiedono della grande eredità dei Grateful Dead, della musica psichedelica degli anni sessanta e di tutto il resto. Tutti fanno domande. Vogliono sapere. Lui semplicemente sorride e risponde, 'Risponderò a tutte le vostre domande solo alla fine. Quando sarò morto.' Fuck. Mi sa che dovranno aspettare ancora un bel po'.

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