Poche sono le band così maltrattate come i Breach. Nel prodigioso emergere del post-hardcore degli ultimi anni, sono rimasti per lo più dietro le quinte della "scena", seguiti con passione da una ristrettissima cerchia di cultisti della loro straordinaria musica.
Fra la ricerca apocalittica dei Neurosis, l'incedere psichedelico degli Isis, l'emotività melodica dei Pelican e l'iper-estremismo dei Converge, i Breach, primi, grandi post-corers europei, trovano una strada del tutto unica e personale. Una strada che si snoda fra dosi di potente hardcore (Murder Kings and Killer Queens), marcio, dolorante, cupe infestazioni noise (Alarma), tracce psichedeliche, viaggi al di là dei puri confini umani (It's me God). E - pensate - c'è pure in mezzo Mike Patton (la voce pulita in Lost Crew mi sembra inequivocabile)!
Un album imperdibile, un flusso continuo di genio: sublimazione pura del post-hardcore in tutte le sue forme. Non ci sono punti morti, non ci sono stacchi, la naturalezza dell'intera composizione è così lampante da fare quasi paura, da mangiare il tempo. Ci sono momenti assolutamente catartici, momenti d'odio, di rabbia, di rigetto, respiri, attimi di pura tensione, contemplazione, ascetismo. La batteria lascia spazio alle dilatazioni sonore della chitarra per poi rientrare nello schema, ingrandirsi, come un efferato progetto divino portato al suo sublime compimento.
Sono parole estatiche, esaltate, stucchevoli. Va notato. Parole di un idiota che dovrebbe fare il critico, ma semplicemente non ce la fa. Questa è musica che provoca una forte commozione. Sì, ok, visto che siete spiritosi, anche una commozione cerebrale? E io vi rispondo che, cazzo, sì, questa roba è pericolosa, è arte, cazzo, mica le prime schitarrate che possono venirvi in mente. C'è una mente, un disegno organico, una coerenza concettuale dietro ciò che trovate qui; c'è un'idea, un'idea di musica, che questi geni hanno messo su cd. Su un supporto udibile, da noi comuni mortali.
Passo all'ultima canzone, Kollapse. L'epitaffio finale, l'ultimo dono dei Breach, prima del loro scioglimento, le loro ultime parole. E mentre le prime note, aperte, ariose, lentamente mi coinvolgono in un grandioso crescendo, forte come l'ultima nota di un'opera classica, quando tutti gli strumenti sono tesi a dare all'ascoltatore la massima essenza di sé, prima di spegnersi, per l'ultima volta, il collasso finale, lasciando un ricordo indelebile, ed un esempio ineguagliabile.
[N. d. H. : Tomas Hallbom, cantante della band, ha prestato in seguito la sua ugola per il collettivo The Ocean. Altra band di grande interesse]
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