Ascoltare "Venom", fa rimpiangere il fatto che i Breach si siano oramai sciolti, un album che tutt'oggi è una delle vette più alte di un certo modo di intendere musica.
I Breach infatti vengono inseriti nell'enorme calderone del post-hardcore. Rappresentano forse l'anima più dinamica, fisica ed ossessiva di questo genere. Lontani dal cupo pessimismo, dalla rassegnazione ed introspezione dei Neurosis, lontano anche dalle derive psichedeliche degli Isis o dall'estremismo sonoro dei Converge, i Breach riescono ad avere un'enorme personalità ed a forgiare un suono oramai divenuto loro trademark!
I riff di chiara matrice hardcore sono ancora presenti e donano alle canzoni un impatto emozionale davvero imponente, ma il tutto proposto spesso con ritmi lenti, ossessivi ed il tutto coadiuvato da una produzione volutamente sporca che dona molta profondità al disco. Chiara dimostrazione di ciò è la prima traccia "helldrivers" (manifesto sonoro del disco) o la sporca "heroine", che vive di momenti di stasi e di esplosioni sonore che sembrano sprigionare un'energia invano trattenuta. Non mancano episodi più dinamici come la trascinante "path of conscience" e "Gheeà", entrambe sostenute da riff di chitarra che tendono ad aumentare intensità e tonalità, così da non poter lasciar respiro e distrarre l'attenzione!
In ciò sta anche il grande impatto emozionale che hanno i Breach nell'ascoltatore, il riuscire a calarci in un'atmosfera che sa di attesa ansiosa, come se ci trovassimo negli attimi prima di un'esplosione, di una tragedia che tu sai prima o poi arriverà. La grandezza di gruppi come i Breach, sta nel riuscire ad immergerti in stati d'animo profondi che mirano ad una catarsi, una liberazione dell'ascoltatore. Notevole anche la strumentale "black sabbath" (non è una cover dell'omonimo brano), che parte con un basso subito raddoppiato dalla chitarra, per dilatarsi così per i suoi quasi 5 minuti, con una ripetizione costante del suo motivo principale, il tutto accompagnato da una batteria martellante.
Il lavoro è positivamente omogeneo e quindi ciò che conta è l'atmosfera generale, anche per questo un track by track secondo me è superfluo. Lavoro sporco, sinistro, cupo e profondo che riesce ad essere introspettivo senza rinunciare all'essere diretto!
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