Conviene cominciare dall'inizio, mi sa...
E quindi 2006, primo disco di Burial...
Voci che sono come attimi, attimi che sono come pioggia. Pallide luci su frammenti di vetro. Suoni come ombre. Tutto appare spezzato.
Era questo il disco che aspettavi da anni, vero Marc?
Malinconia evocativa, ossessioni scheletriche.
I resti del banchetto rave, le ceneri dei fuochi rituali, l'elegia dei futuri mancati. Tutte cose che hai detto tu...
Un po' come la paranoia di un disco come “On the beach” di Neil Young dopo il sogno dei sessanta. Le cose non cambiano mai e i “dopo qualcosa” si somigliano tutti.
E comunque in gamba questo Burial...
Il classico alchimista armato di forbici e colla rinchiuso nella propria stanzetta; campionamenti, diavolerie e quant'altro. In gamba, si, e fantastico anche l'album...
Non so perché, ma vengono in mente i Joy Division, musica per spazi desolati, non importa se fisici o interiori. Un apparentamento solo filosofico però...
Che se anche certe soluzioni ritmiche e l'adorazione per il “segno meno” vengono dal post punk di fine settanta, qui i riferimenti sono soprattutto la seconda estate dell'amore e il trip hop...
Col secondo album le cose cambiano leggermente. E, per farmi capire, insisto con i Joy Division. Lo ripeto, non c'entrano molto, ma la differenza tra i due dischi è più o meno quella che c'è tra “Unknown pleasures” e “Closer”...
Il suono perde peso e scivola verso il trascendente, la malinconia si fa estatica e tutto è più aereo e misterioso.
Le voci, molto più in campo rispetto al passato, posseggono una strana qualità angelica e il senso di perdita si fa universale e quasi ultraterreno.
Insomma, una specie di soul ultramoderno e antichissimo. Una cosa mai sentita prima...
Oppure, parafrasando "The end", "Weird soul inside the gold mine"...solo che la miniera è abbandonata e di oro non c'è traccia.
E il terzo album? Il terzo album non uscirà mai.
Ep solo Ep, sette per la precisione. Questo “Tunes 2011 to 2019” li raccoglie tutti. Un due orette e mezza di musica...
Che dire. Burial è un mago, capace come pochi di trovar nuove soluzioni e arricchire la tavolozza. Lui che spezzava e spezzava bene adesso espande e espande ancor meglio.
Allunga il brodo, i pezzi spesso sforano i dieci minuti, una specie di clamorosa dance luminosa che ti porta da tutte le parti e che finisce quasi sempre con un rilascio soul...
Si va su, su, su, su...
Si va giù...
Certo, la carne al fuoco è tanta e questo è solo un aspetto, ma sembra quasi che sian tornati i vecchi tempi dei rave. Anche se poi forse è come quando ascolti dei vecchi dischi ritrovando per un attimo il tempo perduto.
Alla fine è sempre una storia di fantasmi...
…....
Can I fly?
Ossigeno, rilascio di endorfine....
Can I cry?
Il paracadute soul...
Un tizio sul tubo che dice “Sento in ogni fibra del mio essere l'incanto etereo di questa musica”. E io con lui...
Ma cos'è una specie di nuova psichedelia?
Boh...
...
Porta d'ingresso: una mezzoretta scarsa di ambient con crepitio. Tipo grado zero, tipo tempo morto, tipo vago senso d'orrore. Poi finalmente il suo particolarissimo soul, tutti quei colori/non colori.
A un certo punto è una specie di furia con canto mistico, poco dopo la voce delle balene si impiglia in qualcosa di metronomico. E poi quella cosa dalla quale siamo partiti. Can I fly?
Can I cry?
E' tutto troppo e quindi da li in poi è una faccenda di necessaria decompressione, anche se non mancano i momenti d'estasi. Son quelle voci che entrano e escono, solo che, come dire, lo fanno da dio...
Come diceva il poeta? “Io non so più se muoio oppure nasco”...
Credo che c'entri con il canto delle balene. Sto tizio è fissato con le balene....
"La gente che mi conosce ride di me, perché mi piacciono i canti delle balene. Ma io li adoro, voglio che le parti vocali suonino così, come un grido nella notte,un animale angelico"...
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