Burning Spear è l’artista più potente e radicale della musica giamaicana. E, per capirlo, basta pensare a un po’ di cosette: il nome preso a prestito da Jomo Kenyatta, eroe della indipendenza keniana; i continui riferimenti a Marcus Garvey, il sognatore che predicava il ritorno in Africa di tutti i fratelli neri; una voce, spiritata e sciamanica, che in certi momenti assume i toni di un vero e proprio grido di battaglia. E soprattutto, c’è tanta, tanta Africa. Anche se...

Anche se, a vederlo sulla copertina di “Rocking time”, Burning Spear sembra davvero aver poco a che fare col suo favoloso nome d’arte. Sarebbe questo Lancia Fiammeggiante, ovvero il guerriero spirituale? Oh no, non è possibile e massimo massimo lo diresti un pescatore di anime o, al contrario, un’anima li li per essere pescata. Ma tutto ciò non tragga in inganno!!!

Che se qui Burning non ha ancora quel suo magnifico aspetto da super eroe visionario e selvaggio (sguardo bellissimo e fiero, dreadlocks, fisico imponente), la voce però è già quella che sarà sempre. E la descrizione più perfetta di quella voce sta proprio in tutto ciò che evoca il suo nome di battaglia. E quel nome, ripetiamolo ancora ripetiamolo sempre, quel nome è Lancia fiammeggiante

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Ah, lo giuro, la potenza non è mai stata tanto ipnotica…si, si...ipnotica…e l’ipnosi, in questo “Rocking time”, è una strana specie di dub. Che quando ascolti ti chiedi: ma come fa una musica così scheletrica e salterina, e a tratti persino buffa, a caricarsi sulle spalle la potenza di una voce così arcaica?

Più avanti (già dal successivo “Marcus Garvey”, per dire) a quella potenza si affiancheranno robustissimi fiati e ritmiche tribali, e, grazie a una specie di“gioiosa macchina da guerra”, quella potenza diverrà furore...incredibile furore ipnotico.

Ma qui, qui in “Rocking time”, c’è qualcosa di diverso...qualcosa che forse non so dire e che, magari, somiglia un pochino alla sensazione che si ha guardando la foto di copertina.

E’ come se, oltre a quell’ipnosi ottenuta musicalmente con un minimo di mezzi (la modernità di quel suono quasi dub), rimanesse ancora un profumo di anni sessanta e di reggae delle origini. Ma davvero non so spiegarlo meglio. Sorry…

Se può aiutarvi è qualcosa che commuove e esalta. Come commuove e esalta quella voce tra Africa e Blues (e quindi tra Africa e Africa).

Quella voce che è mantra e lamento, che è mantra e orgoglio e che nasce quando il cantastorie incontra lo sciamano, quando il sognatore incontra il ritmo. (Retorica? E chi se ne frega!!!)...

Aloha...

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