[Allora: l'autore del disco qui recensito ha espresso ed esprime posizioni politiche e ha commesso (e istiga altri a commettere) azioni che a DeBaser ripugnano. In fin dei conti, però, si parla di musica: quindi pubblichiamo comunque la recensione.
Dichiariamo altresí con chiarezza di non avere nulla a che fare con l'autore della stessa e che il nickname da egli scelto, con l'esplicito riferimento ad un personaggio responsabile di indicibili crimini contro l'umanità, ci imbarazza (ma soprattutto ci disgusta). /DeBaser]
Hlidskjalf è l'alto scranno di Odino, dal quale il Dio osserva ogni cosa e sovrasta i mondi. Esso è il cuore inviolato di ogni manifestazione, la dimora dello spirito assoluto, l'Occhio del ciclone. Il punto interiore dove regna la quiete mentre al di fuori infuriano gli elementi. Hlidsjkalf sono otto gelide ventate di freddo nichilismo, decisamente evocativo e tipicamente nordico. Otto magiche notti i cui attori più solenni arrivano dal profondo di strane Ere. Hlidskjalf è anche la conclusione di una brillante carriera durata quasi una decade, ormai approdata ad una totale consapevolezza culturale e di purezza estetica. È anche il titolo della seconda prova ambient del progetto Burzum, un monumento di austerità e di puro romanticismo nordico, che segue di un anno la pubblicazione di Daudi Baldrs.
L'apertura dell'album è affidata all'evocativa "Tuistos Herz" (Il cuore di Tuisto), che tratta di un vichingo che decide di scolpire su una roccia la figura di Mannus, figlio di Tuisto, il più vecchio degli Dei antichi. Egli è il Dio del cielo che ha generato Mannus e Bestla. Egli è "il doppio", poichè i suoi due palmi rappresentano il Sole e la Luna. Qui la musica è minimale e contemplativa, e pare quasi assomigliare ad una primitiva preghiera che viene e che va.
In "Der Tod Wuotans" (Della Morte di Odino) è evocato il momento in cui Odino muore nella piana di Wigridr. Qui la musica sembra quasi suggerirci che eternità non è che il perenne rinnovarsi dei cicli della vita. Il mondo presente, nel quale l'insanabile conflitto dei contrari è sospeso in un difficile equilibrio, dovrà avere termine quando sarà colmata la misura di tempo che gli è concessa: allora le opposte potenze si affronteranno in una lotta definitiva che non potrà concludersi se non col reciproco annientamento. Solo dalla dualità ricomposta avrà origine una nuova separazione, e, con essa, un nuovo ciclo. Il giorno in cui ci sarà quest'ultima battaglia, che le Norne avevano profetizzato ad Odino e che fu annunciato dalla morte di Balder, è il Ragnarok, il "Crepuscolo degli Dei". Le cinquecentoquaranta porte del Valhalla si apriranno e tutti gli eroi si uniranno agli Dei nella lotta. Per primo cavalcherà Odino: sul campo avrà l'elmo d'oro, nella mano impugnerà la lancia Gungnir. Egli avanzerà contro il lupo Fenrir e si batterà con lui, il lupo però lo ingoierà e tale sarà la sua morte. La musica è sognante e malinconica, accompagnata dal suono di tamburi da guerra che ci conducono verso una delle melodie più belle mai composte dal Conte. La guerra, sotto questa luce, è la vitalità di una popolo. È la sua fierezza. Non un inutile macello, non la pazzia di generali senza etica, ma lo stato essenziale, quello in cui l'uomo è solo a combattere contro le forze telluriche del caos e della materia.
"Ansuzgardaraiwô" tratta della "Cavalcata selvaggia", chiamata anche "Asgardsrei". Il mito ci racconta che in alcune fatali notti dell'anno l'uscio che separa gli universi degli uomini e quelli del popolo etereo del sovramondo pagano si schiudono per poche e terribili ore, nelle quali spazio e tempo si dissolvono. E non mancano druidi e druidesse, bardi e skaldi, portatori di torce spettrali che non bruciano, e una processione di dei pagani, il cui canto suona pauroso all'orecchio dei cristiani, che scappano in casa a tutelarsi dalla cavalcata dei morti. Qui la melodia è minimale, ripetitiva, trascendentale... pare quasi di percepire la vibrazione dei silenzi che avvolgono i meandri oscuri di un bosco.
"Die Liebe Nerþus'" (L'amata Nerþus'), è una breve traccia caratterizzata da una melodia medievaleggiante, quasi una danza antica che sembra evocare alla mente immagini di dame e cavalieri, alfieri e musici, giostre e duelli di spade. Descrive una processione di uomini e donne felici che attraversano un bosco vivacizzato dai colori e dalle loro danze e che si dirigono al lago sacro. Di fronte al lago c'è un sacerdote che strangola le persone che si avvicinano. I loro corpi morti sono poi buttati nel lago come sacrificio per la Dea Madre. Offrono la loro vita, come dono alla Natura, Madre divina di tutte le cose, Madre degli Dei e degli uomini mortali.
"Frijôs einsames Trauern" (La solitaria afflizione di Frijô) è una gradevole composizione i cui suoni sembrano ricreare le lacrime di Frigga per la morte del figlio Balder. Balder era un giovane forte e buono e per questo era amato da tutti. Frigga aveva anche un altro figlio, Loki, che era molto geloso e invidioso dell'amore che il popolo aveva per suo fratello e per questo motivo lo voleva morto. Una notte Balder sognò che sarebbe stato ucciso. Quando Frigga seppe del sogno di morte del figlio si spaventò moltissimo e per evitare che divenisse realtà andò dall'Aria, dal Fuoco, dall'Acqua, dalla Terra e da tutti gli animali e le piante, chiedendo la promessa che nulla di male sarebbe capitato a suo figlio. Ma Loki sapeva che c'era una pianta alla quale Frigga aveva dimenticato di rivolgersi. Questa pianta non viveva né sulla terra né sotto terra, ma su un albero di quercia. Era il vischio. Così Loki fece una freccia di vischio che colpì Balder che morì. Il cielo si oscurò e tutte le cose sulla terra e in cielo piansero per la morte del Dio. Per tre giorni tutti gli elementi cercarono di riportare Balder in vita, ma invano.
"Einfühlungsvermögen" (Il Potere dell'Empatia) riferisce i momenti successivi all'incatenamento di Fenrir, lupo mostruoso, figlio di Loki e di Angerbode. Narra la leggenda che Fenrir viveva tra gli Asi, ma era inaccostabile fino a quando il Dio Tyr, rimettendoci una mano, riuscì a incatenarlo ad una montagna con la fortissima corda Gleipnir, intessuta appositamente dai Nani artefici nel sottosuolo, usando barba di donna, radici di montagna, tendini d'orso, respiro di pesce e sputo di uccello. Da allora il lupo rimase lì, imprigionato e urlante, con la schiuma alla bocca, e rimarrà imprigionato fino a quando, strappate le corde, divorerà il sole e lo stesso Odino nel giorno del Ragnarok. Poi morirà a sua volta, trafitto dalla spada di Vidhar, figlio di Odino.
"Frijôs goldene Tränen" (Le Lacrime dorate di Frijô) si lega all'altro toccante episodio riferito alla stessa dea Frigga, che da sola, nella notte, piange per la lontananza del marito e per la fine dell'Età dell'Oro. I pensieri di ciò che era una volta attraversano la sua mente. I ricordi di un passato felice e distante turbano il suo cuore. Un senso di solitudine permea l'intera la composizione. "Der Weinende Hadnur" (Il Piangente Hadnur) è la una brevissima composizione minimale di chiusura, che tratta di Hadnur, il Dio cieco che, a causa dell'inganno di Loki, uccise il fratello Balder. Consapevole dell'accaduto, addolorato sebbene incolpevole, se ne torna nella sua dimora roso dal rimorso e conscio della morte che si prossima. Sarà infatti ucciso da Vali, il più giovane dei figli di Odino. La produzione dell'album è pura, quasi cristallina, ed è arduo credere davvero che sia stato registrato in una prigione. Sono solo le tastiere - con qualche raro accenno di percussione - a spadroneggiare. La musica del Conte, da alcuni definita ultraminimalistica per la sua semplicità, è fatta di suoni vicini alla musica classica, che costituiscono lo sfondo per la narrazione delle gesta epiche che sono il vero fulcro di questo lavoro. La copertina (la cui autrice è Tanya Stene) ci mostra un altare nascosto in un bosco di betulle. La Betulla è l'albero sacro per eccellenza, è la pianta cosmica, "la guardiana della porta", la chiave che apre al neofita la via del cielo. È l'albero legato al principio, al germoglio vitale, ai primi passi sul sentiero prescelto. Esso ci parla attraverso le voci delle foglie nel vento.
Il libretto contiene i testi che accompagnano le composizioni e otto illustrazioni dell'artista Stephen O'Malley.
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