Incuriosito da quel segmento delle scienze umane che auspica il ritorno al ferino, e all'ululante, tento, come posso, di familiarizzare con musiche estreme, cavernicole, terrificanti. Orridi suoni che dovrebbero allontanarmi dal divanetto in similpelle e dal pigiamino con gli orsetti, nonché dal serale (e senile) bicchiere di latte caldo dove inzuppo i biscotti della nonna. E liberarmi, inoltre, da malsane sovrastrutture poetiche e finto sublimi.

In omaggio al purulento e turpe recensore debaseriota Genital Grinder, ho quindi cominciato il mio corso di violenza sonora col primo album dei Carcass.Facilmente impressionabile, pensavo di ascoltare solo dieci/venti secondi del brano opener, ma poi sono riuscito, addirittura con un certo agio, a sentirlo tutto.

In fondo (in fondo, eh) sti Carcass non mi son nemmeno dispiaciuti. La loro musica è lontana, anzi lontanissima, dall'aborrito rock da stadio e ha un'ossessività persino gradevole. Il problema è la voce del cantante assurdamente caricaturale e tipo parodia dell'esorcista. Che, onestamente, vien da ridere, da ridere davvero.

Quindi consiglio ai Carcass di prendere un'altro cantante. Vedrei bene Johnny Rotten, oppure, considerato che i testi parlano di dissezioni anatomiche, non sarebbe male una voce recitante alla Emidio Clementi dei Massimo Volume. L'enfasi nuoce al racconto dell'orrore, meglio, molto meglio, un tono impassibile e neutro.

Comunque cari Carcass concordo con voi, siamo cadaveri dissezionati ogni giorno. Oppure puttane che cantano in prigione, come diceva quello. Il problema, però, è che siam qui a far discorsi di estetica, ma io, io volevo solo essere libero e selvaggio. E, con l'aiuto di dosi massicce di kukident, mordere la vita o almeno l'aria fritta. Invece, alla fine, non mi son fatto che due risate. Mi sa che è più figo il pigiama con gli orsetti...

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