"È stata estranea troppe volte la consuetudine di sorridere."

Lo sguardo è di quelli profondi; occhi grandi, penetranti voragini di cerbiatta nel broncio del suo viso. Bianco e nero, ovviamente; nitido come i pensieri di certe serate di settembre, quando la mezza estate bardica è ormai alle spalle. Non so cosa trasmetta la voce di Carmen Consoli, lucido impasto di cannoli siciliani e di Devoto-Oli consumati. So solo che da quando ho scoperto di non detestarla la adoro.

"L'Eccezione" se ne esce bel bello nel suo cd fucsia accecante - netto contraltare dello scrigno in scala di grigi - un bel giorno del duemiladue. Lo comprai - in parte ancora ignaro - per due motivi (sostanzialmente), uno dei quali invero latente: se da un lato c'era quella bella canzone, "Fiori D'Arancio", che imperversava sul palco di uno dei miei ultimi festivalbar con la sua minuta autrice dalla chitarra color fiore-di-pesco, dall'altro spirava, come un incanto di fattucchiera, una sorta di ammaliamento per quella voce così causticamente dolce. Una voce che a volte incespica sulle note per poi rialzarsi e mettersi a percorrere sentieri inerpicanti ove gli arrangiamenti non possono seguirla, oltre qualsiasi metrica musicale.

"Condizione innammissibile, la discutibile urgenza per cui è indispensabile uniformarsi alla gente."

L'opera dell'artista siciliana si snoda attraverso dodici mosaici umorali, sovente intimisti e riservati, a volte esalati in fremiti di passione. Alcuni di essi manterranno nitidi i loro colori, sfavillanti nella loro preziosità; altri verranno corrosi dal tempo.

"Freddi venti del nord mi raccontano di un novembre inoltrato e nostalgico; posso udirli dal mio nascondiglio."

In questo scrigno si intrecciano, come a completarsi, il commovente racconto di "Moderato In Re Minore" e la rabbia incazzosa di "Matilde Odiava I Gatti"; il delirio galileiano tra scienza e religione di "Eppur Si Muove" e la dolcezza strumentale di "Carmen". Innegabile è che un chiasmo, per quanto emblematico, non basti a raccontare una poesia, eppure - mi perdoni il paziente lettore - non mi riesce di fare altrimenti; un'analisi singola a chi del resto gioverebbe, in questi contesti?

"Trovava di pessimo gusto le smanie d'onnipotenza [...] l'indiscrezione, sproloqui gratuiti."

C'è tuttavia un però, come in qualsiasi essenza d'imperfezione. Qualcosa che non posso non ricordare.
L'imperfezione è ciò che sto scrivendo. Il però è in realtà una canzone, delicata come un soave vagito di neonata vita. "L'Eccezione" è una meravigliosa ballata tanto intensa quanto impenetrabile; quei violini, quella melodia, quelle parole sono aghi di pino e gocce di resina, profumi e colori di una terra e di un'anima.

"Credi sia una scelta ammirevole fuggire lo sguardo severo e vigile della propria coscienza?"

 Non lo è, la coscienza resta il vero paletto del recinto della serenità, mi perdoni la mia per questo maldestro omaggio.

"In fondo non rimane che congedare i sensi di colpa; [...] felicitazioni, i più sentiti ossequi." 

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