OH, CATHY…
Sei un’americana di origini armene, hai studiato alla Columbia canto e recitazione per poi approdare al conservatorio di Milano.
E sei divenuta, anche in virtù di un’estensione vocale capace di coprire agevolmente tre ottave, una nota interprete non solo del repertorio classico, ma soprattutto delle avanguardie del novecento (ne hai anche sposata una, Luciano Berio, nel 1950)
In te i compositori hanno trovato l’esuberanza ed il rigore, la duttile predisposizione e l’ironia, l’avida volontà di ricerca e di scoperta che ti hanno resa la voce più “naturale” per le pagine, ai più ostiche ed incomprensibili, degli autori di quella indecifrabile nebulosa che è la musica contemporanea.
E sei anche una madre.
Tua figlia porta a casa i dischi che in quegli anni stanno generando un vero terremoto
: in cima alle classifiche e al centro di un fenomeno che non si era mai visto.
Questi Beatles sono davvero interessanti.
Certo, il tuo pubblico, la selezionata, colta e raffinata borghesia che apprezza il tuo talento e la sua poliedrica versatilità, nega qualsiasi dignità a certa “musicaccia”, anche se finiranno tutti per canticchiarla sotto la doccia, al riparo da orecchie indiscrete.
Ma tu sei Cathy, la curiosa e indomabile Cathy.
Cristina, tua figlia, racconterà che nella tua casa di Milano, nella sterminata discoteca (che spaziava da West Side Story alla Callas, da Schoenberg a Peggy Lee, dal Jazz alle musiche folkloriche di tutto il mondo) inizieranno ad affluire tutti i dischi dei quattro ragazzotti di Liverpool.
Perché quando decidi di fare sul serio non ce n’è per nessuno, pare.

1966, BEATLES ARIAS: IN DIRETTA!
Così, nel momento di maggior notorietà del quartetto inglese, raffiche di hits e deliri di massa delle giovani fans, e nel bel mezzo della tua brillante carriera, tu, un mezzosoprano eletto ad icona dal mondo della cultura “alta”, registri la tua versione di alcune canzoni di questi scarafaggi sonori.
La tua mossa è considerata perlomeno disdicevole, in certi ambienti.
D’altra parte sono anni durante i quali si usano ancora, attribuendo loro anche una certa importanza, termini come matusa, anticonformista e ribelle….
Dichiarerai che l’intento era di far ascoltare quelle canzoni anche ai genitori, generalmente indignati, dei giovani che impazzivano per i Beatles.
Ma io credo che la ragione fosse ancora più nobile e più evidente, e l’hai confermato tu stessa: semplicemente eri anche tu una fan dei fabs four.
E si sente, perbacco, se si sente.

LIRICA, BAROCCA E LUDICA: PIÙ GIOVANE DEI BEATLES.
Sono trascorsi esattamente 40 anni.
Ed appena inserisco il cd nel lettore l’arraggiamento barocco di “Ticket to Ride” accoglie la tua voce: la delizia della tua ironia, quei gorgheggi e gli acuti, il ritmo, così straordinariamente trasfigurato di quella vecchia canzone, son freschi come un gioco appena nato.
E quel cambio di timbro ed accento che mi sorprende sul finire come uno scherzo sornione, e svanisce subito per chiudere con un acuto, è una perla tra i gioielli.
Vorrei tanto ti ascoltassero tutti coloro che ancora oggi, dopo tanto tempo, si accapigliano intorno alla presunta o effettiva grandezza ed immortalità dei quattro scarrafoni inglesi.
O sulla rivalità con i Rolling Stones, acqua santa e diavolo. O sull’appartenenza della forma canzone ad un limbo lontano dall’empireo della vera musica. O ancora i sostenitori della “ricerca musicale” come barricata ad oltranza, che nei Beatles vedono solo l’immagine del successo pianificato, dell’inizio di un’era di mercificazione del “rock” e delle sue istanze più sinceramente “rivoluzionarie”.
Vorrei che ti sentissero: un’aliena che suggerisce un altro universo musicale, perché ne conosce, e bene, molti. E conosce la leggera potenza dispiegata da un connubio così squisito di eleganza, tecnica ed ironia.
Certo, alcuni brani sembrano quasi naturalmente adattarsi al trattamento che riservi loro, con quegli arrangiamenti d’archi e l’ambientazione vagamente “classica” con il quale erano stati concepiti.
Certo, prima ho mandato in loop “Eleanor Rigby”, e sei stata anche “psichedelica”, per me.
Ma è proprio negli altri che mi piaci di più, se mi consenti di scegliere, cara Cathy.
Sto ascoltando “A Hard’s Day Night”, e sei fantastica: barocca e leggera, di una “giovinezza” di spirito ed interpretazione che resta intatta, probabilmente più di quanto tocchi agli originali.
E anche in “Girl”, dove abbandoni le sembianze liriche e sfoderi i toni bassi, mi catturi.
Appena ho acquistato il cd l’ho messo nel lettore e appena l’ho riascoltato ho scritto queste righe, perché desidero che altri curiosi come me si mettano, o rimettano, sulle tue tracce.
In fondo tu puoi comprendermi bene. Sai cosa succede, a volte, no?
Semplicemente ti innamori o ri/innamori di qualcosa, qualcuno. E te ne freghi se può apparire inopportuno: tutto quel che vuoi è che anche altri possano vedere nella stessa luce quel che tu hai trovato sublime.
Ora allegherò anche numerosi samples di tutti brani, che ogni passante potrà assaggiare e dei quali molti, spero, non si accontenteranno.
E ti saluto, Dear Cathy.
Un bacio dal tuo piccolo fan, che vorrebbe essere giovane come te.

Nell’edizione in cd pubblicata nel 2004 dalla Telescopic, dopo molti anni di irreperibilità, trovano posto alcuni brani arrangiati da Louis Andriessen, e le registrazioni di un breve intervista effettuata per la radio francese e di un recital tenuto, sempre in Francia, all’inizio degli anni ’80, con l’accompagnamento di Bruno Canino.
L’oggetto è un cartonato molto curato: il booklet, le cui esaurienti note sono redatte in francese (la registrazione del ’66 avvenne a Parigi) e inglese, riporta anche la riproduzione delle copertine
originali delle vecchie edizioni.

E’ ovviamente un acquisto consigliato.
Per un assaggio della versatilità della Berberian (1925-1983) e del suo vasto repertorio, che include anche sue composizioni, suggerisco un cd edito dalla Ermitage nel 1993 dal titolo “NEL LABIRINTO DELLA VOCE” con registrazioni effettuate dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana. Il disco raccoglie esecuzioni di opere di: Henry Purcell, Kurt Weill, Luciano Berio, Jacques Offenbach, Erik Satie, Igor Stravinsky, William Walton e “Stripsody” per voce sola, della stessa Berberian.
Sull’odierna reperibilità del prodotto non sono pero’ in grado di fornire notizie.

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