È un sabato pomeriggio di un primo sussurro di primavera. No, non è andata così. È un aprile del cazzo e come ogni anno, il cambio di clima lo vivo male, con un rosario di paranoie e distonie neurovegetative che quando cammino mi devo appoggiare al muro, perché barcollo come un Trichetto qualsiasi.
Barcollo ma non mollo, penso. E prendo tempo, respiro e condizioni di vita migliori. Prendo la voglia di fare un'emoticon ai miei limiti.
Ma soprattutto prendo un disco di Chilly Gonzales, in un sabato pomeriggio di un primo sussurro di primavera. No, non è andata così. È un aprile del cazzo e Paul Smith, tramite una mail fighissima mi comunica che non farà in tempo a inviarmi il paio di scarpe che ho acquistato on line per una cerimonia. E allora mi vendico e vado su Amazon, per realizzare un sogno che coltivo da tempo, da quando “Armellodie” è entrata nella mia vita, come una sorta di carezza benevola in una vita di pugni.
Ecco, volevo avere “Solo Piano” in vinile, perché avrebbe suonato bene, in quel sabato pomeriggio di un primo sussurro di primavera. Avrebbe aggiunto, a un'opera pianistica che considero la migliore del nuovo secolo, quello scricchiolio vintage, tanto da renderlo ancora più vero, più luce a olio soffusa, più Satie, più primi Novecento.
Cosa sia passato nella mente e nell'anima di questo tizio, per concepire un'opera pianistica di così alto livello, non lo so. Suona così bene che anche un non amante della orizzontalità continua ad ascoltare quelle melodie, fondamentalmente facili e immediate, con profonda ammirazione. Cantabili. Logos fatto melos. Molti dicono Satie e anche io ci sento molto l'amico Erick, se non altro gli intenti. Diciamo che è una sorta di Satie finito nei titoli di coda di un film malinconico ambientato a Parigi. Ma su Gentle Threat, forse il momento più alto di un disco di per sé altissimo, si sente anche il non tanto conosciuto Heino Eller. Heino Eller che la tocca piano, è un'esperienza che mi sento di suggerire.
Solo piano, logos fatto melos, dice cose bellissime. Dice che una tazza di tè verde fumante, potrebbe alleviare i malesseri di stagione.
Dice che quella lucetta accesa che si intravede in una landa di buio, è la cucina di una famiglia che si appresta a cenare.
Dice che le onde che cullano la nave sono belle da vedere a prua, con una coperta sulle gambe.
Dice che se fissi la luce della tua lampada ne gioisce la serotonina. E ti senti gli occhi gonfi di strana e insensata gioia.
Dice che Trastevere è bella, nelle notti di giugno.
Il disco, tra l'altro, scricchiola parecchio e non so se è un difetto di fabbrica o se è un'esplicita richiesta tipo: “Fatelo che scricchiola e scoppietta come fuoco di caminetto”.
Il vinile è bianco. E quando finisce è un po' come quando il l tuo migliore amico che veniva a giocare a casa tua andava via. Quel suono di campanello alle 20 che accoglieva la mamma del compagnetto e con lei la fine del pomeriggio di giochi.
No, non è andata così. Quando la mamma veniva a riprendersi suo figlio dopo un intero pomeriggio passato a mettere le mani sui miei giocattoli, io facevo salti di gioia.
Gli stessi che fa la mia anima quando capisco che è giunta l'ora di Solo Piano.
Come adesso. Adesso è l'ora di Solo Piano. E anche se non è passato troppo tempo, credo stia andando proprio così. Ma sono pronto ad aggiungere anche questo alla lista di sbagli ed errori di valutazione. Tanto Trinchetto, alla fine, crolla esanime su un tavolo della taverna. Ascoltando Gonzales. Sì, è andata così. E non mi sembra affatto male.
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