1970. Un periodo, nel quale, America, Inghilterra e Italia erano cariche di una moltitudine di band validissime. Oltre ai famosissimi Yes, Genesis, Pink Floyd, nell'underground del prog, acid rock erano presenti milioni di gruppi che non tutti erano alla conoscenza. Continuando la mia ossessionata ricerca nel panorama progressive ho trovato un gruppo molto interessante, ovvero Clark Hutchinson, band che diede vita a ben 3 cd (cosa abbastanza buona visto che vi erano molti gruppi che purtroppo fecero un disco, anche validissimo, ma poi si fermarono..).

Loro si formarono nel 1970 inizialmente come duo, cioè Andy Clark alle tastiere e alla voce e Mick Hutchinson alla chitarra. Il loro primo lavoro era "A=MH2", molto difficile da ascoltare, caratterizzato da lunghe improvvisazioni free su scale non canoniche, influenzate da una certa psichedelia. Dopo questo ottimo disco la band si allargò aggiungendo altri due componenti, Amazing Stephen al basso, e Den Coverley alla batteria. Questa formazione portò alla luce nello stesso anno "Retribution", impostando il suono molto di più sull'hard rock blues, con contaminazioni acide e più cupo e diretto. Un sound anarchico a volte, stravolto e "stonato", nell'accezione americana del termine, molto simile a band come gli Zior, Edgar Broughton Band e Monument.

Il disco si apre con la scala blues di "Free To Be Stoned", un inno alla libertà tipica degli anni settanta, introdotto dalla carica e stravolta voce del cantante che dopo varie sferzate chitarristiche si riesce a notare subito l'evoluzione tecnica della band. Evidenti sono le tentazioni Hendrixiane, grazie all'onnipresente tappeto ritmico batteristico e alla scatenata performance di Mick alle sei corde. Pazzesco. Nella seconda traccia si ha l'impressione di esser capitati in un disco dei Colosseum ma in realtà è un bellissimo fraseggio jazz sempre dei Clark Hutchinson. Ovvero la spensierata "After Hours", cioè l'opposto della sgraziata "Free To Be Stoned". Qui a farla da padrona sono le scale blues macinate da Mick, come sempre impeccabile nonostante la sua irruenza chitarristica, e il piano perfettamente a tema che rende l'ascolto molto più rilassato.

Con la sognante e bellissima "In Another Way" si ritorna sugli schemi rock, quasi southern americani, che insieme a "Dreaming" dei May Blitz e a "No More White Horses" dei T2 si aggiudica il posto tra le ballad rock più belle dell'underground inglese. Lineare e ricca di phatos è la voce che da un tocco di originalità in più alla composizione che ci permette di arrivare verso la fine del disco senza preoccupazione. La quarta "Best Suit" mantiene il disco su livelli molto alti e la band ci propone ancora una grande lezione di rock, dove troviamo un espressivo assolo di tastiera e la prorompente voce di Andy Clark. Dopo di che si arriva su ritmi meno veloci, con un rallentamento dove la chitarra ha molto spazio per divulgarsi in assoli e quant'altro.

Un altro sensazionale riff introduce "Death, The Lover" supportato dall'hammond inizialmente, per poi trasformarsi in una specie di marcetta con spezie dark e l'urlata voce senza paragoni. Un ritmo ossessivo e perfettamente psichedelico che sembra non aver vie di uscita, che riesce a prenderti e a coinvolgerti con molta facilità.

Siamo arrivati alla fine di questo buon disco di questa non popolarissima band, che da troppi anni, insieme a mille altri gruppi, ricopre il panorama oscuro del progressive rock. Consiglio vivamente l'ascolto a tutti gli appassionati di buon rock e di riscavare queste band validissime che ovviamente non si trovano di certo su MTV. Buon ascolto!!

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