Se nel panorama del cantautorato italiano dovessimo pensare a un autore originale, fuori dagli schemi, il primo nome che ci verrebbe in mente sarebbe quello di Claudio Rocchi, artista scomparso nel 2013, che ha lasciato in eredità vere e proprie perle, come Viaggio, piccolo gioello di minimalismo che ha segnato, nel 1970, il suo esordio da solista, dopo l'esperienza con gli Stormy Six, e soprattutto il successivo Volo Magico n°1, dal sapore psichedelico - misticheggiante, che ha rappresentato il manifesto del credo musicale e spirituale dell'artista milanese. Il quale, negli anni successivi, ha continuato a seguire l'onda della sperimentazione, sfornando album di difficile presa per il pubblimo, come Essenza, Il miele dei pianeti, le isole e le api, Rocchi e Suoni di frontiera.
Divenuto così un punto di rifererimento per la musica d'avanguardia italiana, il compianto Rocchi, nel 1977, decise di intraprendere una strada più "classica" e pubblicò l'album, A fuoco, col quale, come si evince già dal titolo, si poneva l'obiettivo di fotografare le tensioni, le contraddizioni e i fermenti che caratterizzarono, soprattutto a livello giovanile, quel periodo storico della nostra Repubblica.
Il lavoro fu, per Rocchi, il primo pubblicato con l'etichetta Cramps, della quale facevano parte gli amici, Eugenio Finardi e Alberto Camerini. Quest'ultimo, già tra gli artefici del suono di Volo Magico, caratterizza, con la sua chitarra, Ho girato ancora, raro esempio di sociologia musicale, al pari de L'orizzonte a Milano, nella quale Rocchi descrive la sua città, come, funestata "da crociati di diverse bandiere", dove "trucide scritte di sangue sui muri raccontano gli insulti alla vita". Altri piccoli affreschi del quotidiano e del pensiero dell'autore, sono Festa, Responsabilità e Guardando, canzone impreziosita dagli assoli del violinista Lucio Fabbri. Una fotografia, delicata e dal sapore filosofico, è un omaggio a Gabriele Di Bartolo, già autore della copertina di Viaggio. Non è stato diverso rappresenta, grazie a una musica avvolgente e a un testo di grande impatto emotivo, il punto più alto di un album,che ha, musicalmente parlando, l'unico punto debole negli arrangiamente orchestrali sovradimensionati; un album, passato all'epoca ingiustamente in sordina, forse perché intriso da una cupezza di fondo, e oggi considerato un episodio minore della carriera di Claudio Rocchi: un lavoro che andrebbe invece riascoltato e rivalutato, guardando a quegli anni con gli occhi di oggi.
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