Danze di morte, cori spettrali e richiami dall'aldilà... Questi gli elementi principali che compongono un disco fascinoso e dannatamente ammaliante quale il debutto della giovane cantautrice francese Cleo T., la quale, avvalendosi della mirabile produzione di Josh Parish (nome sicuramente non nuovo a chi segue PJ Harvey) e districandosi abilmente tra reminiscenze folk e atmosfere che rimandano alla Tori Amos di "From the Choirgirl Hotel" condite da qualche spruzzatina jazz/lounge, tesse la tela di un oscuro e fumoso universo retrò a forti tinte noir. Un mondo da cui è difficile non essere immediatamente attratti, sedotti dalla fragile e incantevole voce della ragazza, sorprendentemente in grado di racchiudere in sé la bellezza della già citata PJ Harvey e i picchi vertiginosi tipici dell'ineguagliabile Kate Bush, anche se delle tinte più fanciullesche e fiabesche rintracciabili nella musica della cantautrice britannica qui non c'è praticamente traccia.
Perché il quadro dipinto dalle tinte di "Songs of Gold & Shadow" è tutt'altro che allegro, anzi: pur rimandando per certi versi anche ai momenti più delicati della Janelle Monàe di "The Archandroid", già dalla solenne opener "I Love Me, I Love Me Not" è chiaro come tutto quanto sia dipinto a tinte spettrali e anche nei momenti in cui sembra di poter intravedere la luce è impossibile non provare comunque una sensazione di angoscia. Piacevole, per carità, ma pur sempre angoscia. E i pochi spiragli luminosi che ogni tanto fanno capolino tra una traccia e l'altra sono presto destinati a svanire, inghiottiti in un'oscurità densa e avvolgente, pronta ad accompagnarci per tutta la durata dell'ascolto. Non ci si illuda quindi di potersi godere a lungo il calore del soffuso e delicato jazz di "We All" e "Kingdom of Smoke", dato che questo verrà presto inglobato dall'aggressiva teatralità delle quasi circensi "Dead and Gone" e "Song to The Moon" e dalle intense atmosfere noir di "Trista Stella", per poi turbinare in sensuali e fascinosi valzer dal sapore folk ("Columbine", "Me & The Ghost"), senza rinunciare a qualche sprazzo minimalista ("Little Girl Lost", impreziosita da un azzeccato coro gospel spettrale) e a qualche litania dark (la già citata opener "I Love Me, I Love Me Not" e la chiusura notturna di "So Long Ago Yesterday").
Quello offertoci da Cleo T. è dunque un biglietto di sola andata per un universo inquietante e tutt'altro che di facile comprensione, ma che vale assolutamente la pena esplorare, dato che una volta entrati a farne parte sarà dura voler tornare indietro. Certo, forse non sarà una pietra miliare come le migliori opere di PJ Harvey o quell'intoccabile e tutt'ora ineguagliato capolavoro che è "The Dreaming" di Kate Bush, ma è anche vero che raramente negli ultimi anni si sono viste cantautrici e artiste così interessanti e in grado di produrre piccole, ma preziose gemme, pur non innovando nulla. Promozione meritatissima dunque per questa giovane esordiente, che spero in futuro possa sorprendere ancora e avere una luminosa carriera, perché se la merita tutta!
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