Commuove Clint, anche quando sullo schermo scorre un film palesemente minore come questo. Commuove perché il cinema e la vita sono vizi che proprio non riesce a smettere. E allora pellicole così sono più che altro delle testimonianze, epigrafi scolpite con pervicacia, che fissano indelebili l'eredità di un uomo, ben prima di quella di un regista-attore.
La fatica del novantenne nel girare le scene d'azione (si fa per dire) ha il suo perfetto contrario nella naturalezza con cui assume la parte, che è quella ormai solita della fase senile: un vecchio livoroso che però sa capire, riscattarsi, comprendere le ingiustizie e le fallacie della società che gli si è affastellata intorno, mentre lui raggrinziva e il suo cuore induriva. Non serve più di tanto spiegare, dare un retroterra al personaggio, ormai lo conosciamo. E stavolta Clint non sfiora nemmeno il pregiudizio, il cupo rancore di Gran Torino; la rabbia è raddolcita, perché l'uomo vive un limbo di demotivazione, percepisce l'assenza di battaglie per cui valga la pena lottare. L'apatia lo sottrae a ogni sentimento, astio e rabbia compresi.
Il cowboy incartapecorito viaggia come al solito sul crinale tra un'America smagata, dimessa, e le realtà brulicanti intorno, gli anfratti problematici, le vite degli stranieri che ancora non si sono piegati alla mestizia del benessere. La frontiera di oggi è quella, nelle esistenze tumultuose di chi lotta sul confine che separa due mondi: tra la pace svilente della sua casa di proprietà, le gloriose foto ormai sbiadite di un passato da star del rodeo, e l'avventura sfrenata del Messico, la missione apparentemente impossibile di portare un ragazzo (Rafo) dagli scenari di illegalità e decadenza, uno sradicamento e sfiducia totale verso la vita, alla riscoperta dei sentimenti, alla costruzione accurata di una morale, alla capacità mai del tutto acquisita di resistere alle tentazioni. Mike deve strappare Rafo dalle grinfie di una madre strega e riconsegnarlo al padre, che lo attende oltre confine.
Le buone intenzioni si mescolano come sempre all'utilitarismo, alle scelte di comodo, alla doppiezza (di alcuni), ma l'avventura in ogni caso non può che essere formativa. Commuove, fa tenerezza il novantenne che vuole fare ancora a cazzotti, darsi alle fughe su auto rubate, nascondendosi astutamente in saloon chiusi o in piccole chiese semidimenticate. La rettitudine morale resta inscalfibile, e forse in alcuni casi accarezza la banalità delle lezioncine da nonno: questo Clint Eastwood è davvero ammorbidito, anche quando si impone con durezza sulle scelte del ragazzo che nel percorso verso casa impara essenzialmente a vivere, a utilizzare le sue doti e le sue armi (gallo da battaglia compreso) per raggiungere obiettivi sensati, e non più per disperdersi nell'illegalità e nel rancore.
La dialettica di valori però non ha più il gusto sapido di alcuni capolavori recenti, perché ormai il Biondo ha scelto la sua battaglia, sappiamo già quale campo stia battendo, quale percorso di civiltà gli interessi. L'antagonismo nei confronti del sistema targato Usa (ma più in generale, le false certezze del mondo occidentale, ormai imbolsito e sempre più distante dalla verità della vita) questo antagonismo si esprime stavolta fin dalla scelta dei luoghi: siamo oltre confine, anche gli abiti da yankee vengono ben presto smessi. E se il percorso di formazione con il giovane può risultare prevedibile, il nostro vecchio riesce comunque a toccarci nel profondo con una digressione sentimentale che non era sicuramente prevista. La dolcezza dello sguardo che si pone sulle donne e le bambine messicane vale un bel pezzo di film.
I significati e le emozioni fanno capolino nel nostro cuore, ma non dobbiamo distogliere lo sguardo dai limiti intrinseci di questo capitolo della grande saga eastwoodiana. Un copione un poco sgraziato, pieno di battute non del tutto efficaci, telefonate, un linguaggio che non convince appieno. Eppure la sceneggiatura non originale (da un libro di N. Richard Nash) è scritta da Nick Schenk, lo stesso di Gran Torino e The Mule.
Il cowboy invecchiato perde colpi, avanza un po' affaticato, ma ogni passo che mette in fila non può far altro che commuoverci, quegli occhi azzurri appena visibili sotto la tesa del cappello non sono mai stati così dolci, così umani.
Carico i commenti... con calma