Mi fa strano scrivere questa rece in un momento del genere. Sembrano quasi un'utopia certi ricordi, perchè oggi non sarebbero più possibli. E neanche probabili. E' la storia di un giovane Martello con una giovane ragazza di cui non posso rivelare il nome quindi la chiamerò...Erbetta, il surname beffardo che le affibbiai quando parlavo con certe amiche pettegole e un album che con la destinazione c'entrava poco e niente. Ma tenne compagnia al mio cervello durante quei giorni.

L'estate del 2015 fu insospettabilmente una delle più belle della mia vita: a gennaio avevo fatto 18 anni, finalmente potevo andare a scuola col pandino giallo che più chiaro non si può scaricando per sempre l'Ape Piaggio usata e bere tutta la merda alcolica del mondo, insomma le classiche cose da fare appena si compiono 18 anni. Era un periodo di nuove scoperte che ho imparato a controllare grazie ai miei amici che erano tutti maggiorenni da un pezzo, perciò più e più volte ho fatto la figura del novellino. Verso ferragosto anche Erbetta avrebbe compiuto i fatidici 18 anni e per questo piccolo grande evento feci un regalo clamoroso ad entrambi, mettendo per un anno e mezzo dei soldi da parte: un viaggio di 3 settimane nel Giappone, meta ambita da entrambi da quando eravamo infanti. La partenza era il 17 di agosto all'aereoporto di Fiumicino, 15 ore di volo circa. Il volo si svolse in questo modo: posti accanto, lei a guardare gli anime che aveva scaricato e che aveva dentro il telefono, io a spulciare un vecchio lettore mp3 (sigh). Dentro vi ritrovai vecchie glorie del passato che riascoltai con immensa gioia: alla fine rimasi per 7 ore delle 15 ad ascoltare Tabula rasa elettrificata e ciò mi è inspiegabile, non ero assolutamente in vena di quel rock granitico che puntava più di un occhio sulla Mongolia. Ancora oggi mi è ignoto come il mio inconscio abbia collegato T.R.E col momento che allora stavo vivendo e con la meta ambita. Arrivammo alle 15 all'aereoporto più importante del giappone, quello di Narida. Subito commozzione: per viaggiare nell'isolone trovo un pandino tale e quale a quello della mia infanzia. Erbetta si incazza come una iena, io sono in lacrime.

Alloggiammo nell'aridente Saitama, nome del protagonista di un manga che lei amava alla follia, che ancora non era arrivato in Italia e che io molto tempo dopo guardai e amai. Le giornate passavano all'insegna del viaggio e della curiosità sfrenata: eravamo entrambi affascinati da questa strabiliante cultura in continua evoluzione, le città erano quanto più lontano ci poteva essere dall'immaginario europeo. E nei viaggi da una città all'altra Tabula rasa elettrificata girava dentro la macchina: un senso arcaico pervase quelle ore, sembrava quasi che Tabula rasa fosse stato ispirato dal Giappone. Sentivo quella sacralità che pervadeva il brano Ongii fondersi con quel territorio, era qualcosa di magico e inspiegabile.

Il momento più toccante fu la visita ad Hiroshima: vedere quegli edifici distrutti, quelle strade straziate è stato come osservare la guerra e la morte in faccia. Rimasi incantato per 6 minuti a guardare le rovine con nelle orecchie Bolormaa:"monito terrorista, che la retta è per chi ha fretta". Un momento unico nella mia vita, dove per la prima volta mi sono confrontato con estrema maturità al mondo reale, quello degli uomini che uccidono rovinosamente altri uomini. Come illustra la ruota della fortuna dei tarocchi, il progresso porta alla decadenza come la decadenza porta al progresso.

I momenti clou di questo viaggio però non finirono qui: passammo una notte in tenda in un parco con alcuni turisti italiani, feci una gara a chi beve di più con un giapponese (e che non sorprendentemente vinsi), provammo entrambi per la prima volta il Wasabi e subito dopo stavamo entrambi morendo e infine...beh...potete solo immaginare...

Le tre settimane passarono velocemente, settembre aveva già mosso i primi passi e l'estate cominciava a eclissare dietro i termometri che giorno dopo giorno s'abbassavano sempre di più. Il ritorno nella santa Italia andò felicemente bene, le 16 ore passarono tra una canzone e un anime. E la mia mente cominciò a volare: perchè T.R.E ha caratterizzato così tanto questo viaggio? Viaggi di ore intere passate ad ascoltare le varie Matrilineare, M'importa na sega, Forma e sostanza e in particolare Unità di produzione come potevano essere vagamente correlate al Giappone? Erbetta, che si è sorbita per ore questo disco, ha provato a dire la sua:"Per me il tuo inconscio ha correlato il senso arcaico di T.R.E alla modernità e evoluzione del Giappone, quasi stesse ammirando il futuro con uno sguardo rivolto verso il passato". Ero sia d'accordo che contrario. E ancora oggi rimugino su questa questione. Una cosa è certa però: se si parla di Tabula rasa elettrificata io lo ricollego al Giappone e non alla Mongolia.

E forse un motivo non c'è. E' semplicemente accaduto. Se per caso o secondo un programma poco importa. Ciò che deve accadere accade.

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