Controller 7? E chi Diavolo è? Molti di voi potrebbero farsi questa domanda leggendo il nome dell’artista, il titolo dell’album e dando uno sguardo all’immagine di copertina, sorta di collage dadaista il cui elemento principale è costituito da uno stempiato signore che ci osserva con espressione bizzarra.

Le domande, tuttavia, implicano una risposta e ben presto scopriamo che il personaggio in questione è Tommy McMahon, producer di San José, California, in forza alla scuderia Anticon. Se vi state chiedendo cos’è la Anticon, può risultarvi utile sapere che è una delle più importanti etichette di hip-hop indipendente, responsabile, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo, di un vero e proprio “advancement” del genere, realizzato con un mix di sonorità avanguardistiche, artwork ultraminimali e un'attitudine lontana dagli stereotipi del rap.

Torniamo a noi. Nel 2000 vede la luce Left Handed Straw, esordio di Controller 7, il quale ci promette di aver creato tutto usando solo la mano sinistra(!). Se state pensando a un matto bisognoso di un T.S.O., l’ascolto del disco potrebbe confermare i vostri dubbi. Siamo infatti di fronte a trentasette tracce in cui le rime sono praticamente assenti (fanno eccezione i remix di “Candle” e “Rain Men” dei Deep Puddle Dynamics e le "acrobazie" di Doseone nella sospesa “Morality”). In un simile calderone troviamo qualunque cosa: pezzi strumentali, conversazioni telefoniche, dialoghi deliranti su sottofondo jazz e, in più, una serie di “test” con frammenti di brani più o meno (s)conosciuti (su tutti risalta la voce di Jacques Brel nella splendida “Les Marquises”).

Se credete che questo guazzabuglio sia il risultato del progetto di un folle, potete interrompere qui la lettura. Se invece vi sentite affascinati dal caos di Left Handed Straw, il mio consiglio è di tuffarvici dentro per scoprire, se non una logica, quantomeno una certa coerenza.

Nell’album di Controller 7, in effetti, si passa con facilità da composizioni astratte (“Stane”, “The Forest” o la magnifica “Imagination Cycle”, che ricorda i Boards of Canada) ad altre intense o addirittura toccanti (la bellissima “Yellow”, con i suoi archi accompagnati da batterie hip-hop che poi virano verso la drum and bass; le tre parti di “Unknown”, dove troviamo orchestrazioni e voci degne della migliore musica classica), passando per momenti piuttosto distanti dal tradizionale boom-bap (i ritmi sincopati di “Bunny Slippers” e “Impatience”, il suggestivo breakbeat di “Over the Hill”), senza dimenticare le simpatiche incursioni nell’electro disseminate qua e là nella tracklist.

A fare da collante al casino di Left Handed Straw è proprio il buon Tommy o meglio la sua ironia, unita a una frenetica ricerca musicale e a un’indole anarchica, desiderosa di spingersi oltre i cliché che troppo spesso hanno affossato (e continuano ad affossare) il mondo della Doppia H.

Questo significa che il "tiro mancino" giocato da Controller 7 sembra seguire il solco già tracciato da DJ Shadow nel capolavoro Endtroducing..…, vale a dire quello di una proposta che, pur partendo dal tipico beatmaking, se ne allontana e riesce a risultare gradita anche a chi frequenta solo marginalmente l’ambiente.

Orsù dunque, mettete giù il telefono, rinviate la chiamata alla Neuro e date una chance a Left Handed Straw. Non resterete delusi.

Voto del DeRecensore: 4,5

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