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L’odore acre dei posaceneri misto a sudore secolarizzato mi avvolge quando entro nel club. Una trentina di postazioni. Prezzo in rubli irrisorio, qualcosa come 0.50 cent l’ora. C’è chi fa il serio e gioca a Warcraft II o Diablo. Poi ci sono i veri disperati: la maggioranza chiassosa, ebbra d’adrenalina, autolesionista ed incosciente che gioca ad uno sparatutto di recente uscita.

Corre l’anno 2001, le torri ancora in piedi. Inizia a spopolare una mod di Half-Life: Counter-Strike. Siamo ancora agli inizi ma il videogioco sta rapidamente surclassando gli arena. Da molti, titoli come Quake ed il fresco Unreal Tournament vengono reputati inscalfibili. Lo stile di gioco è ancora impostato sulla rapidità e sul movimento più che sui riflessi. CS (Counter-Strike per brevità) però è sulla bocca di tutti.

Parliamo all’apparenza di un videogioco dalle meccaniche semplici. Dieci giocatori (5vs5), due fazioni: terroristi e controterroristi. I primi devono piazzare la bomba e possono scegliere tra due punti nella mappa, i secondi devono evitare che ciò accada. C’è anche una seconda modalità, all’epoca molto popolare, dove i controterroristi devono salvare dei civili tenuti in ostaggio dai terroristi. Il round dura due minuti e le squadre si scambiano i ruoli dopo 15 round, che scandiscono la metà della mappa, vince chi raggiunge il 16esimo round (la metà più uno). Ad esempio una mappa può finire 16-5 oppure, caso estremo, andare in parità 15-15 (nel qual caso si andrà all’overtime).

Si dice che l’attesa del piacere rappresenti il piacere stesso. La vera rivoluzione di CS (almeno per me) è data da due fattori principali. Il primo è la gestione economica, il secondo è l’assenza di respawn. Se muori fai affidamento sui tuoi compagni e li guardi da spettatore fino alla fine del round. Può sembrare controintuitivo ma quell’attesa di cui parlavo e la conseguente suspense è l’anima che regge il gioco. Nulla fino a quel momento nel mondo del gaming competitivo creava un legame così solido tra il singolo e i compagni di squadra. Per quanto riguarda la gestione economica entriamo nel campo delle scelte di squadra e persino dei singoli. Ad esempio posso decidere di sacrificarmi un round senza comprare e il round successivo droppare un fucile da cecchino (il più costoso) ad un compagno che sta giocando meglio o più in forma. Per scelte di squadra invece s’intende che non si compra (eco round) e ci si sacrifica assieme per avere il round successivo tutto l’equipaggiamento necessario per massimizzare le opportunità di vittoria (full buy).

Da queste ultime righe si può intuire un altro aspetto fondamentale di CS, ovvero quello tattico. Ma partiamo dal principio: il gioco si è evoluto con gli anni ed attualmente ognuno dei cinque membri del team ha un ruolo cardine attorno a cui imposta il proprio stile di gioco.

  1. Parto dall’IGL (in game leader). Il capitano se vogliamo, colui che fa le “chiamate”, ovvero all’inizio dice se comprare o meno, cosa comprare e dove dirigersi. Non solo, è un motivatore e fa le chiamate in corso d’opera, ovvero col rapido mutare degli eventi nel round si assume la responsabilità fondamentale di consigliare, a volte imporre, decisioni agli altri. L’IGL non coincide col più forte, anzi molto spesso si sacrifica per gli altri e facendo un paragone calcistico sarebbe quello un po’ coi piedi a banana.
  2. Lurker: un ruolo estremamente delicato che pochi team ben strutturati hanno. È colui che solitamente ha più neuroni degli altri, riesce a leggere le situazioni in frazioni di secondo ed interviene con decisioni che esulano dalle vie del signore e appaiono misteriose ma spesso efficaci. È un po’ razionale e un po’ folle e deve prendersi la responsabilità di fare mosse azzardate come un flank (ovvero cercare di aggirare i nemici). Se vogliamo è il più stealth della squadra. L’unico che ha il diritto di fare di testa sua.
  3. L’entry fragger, qui il titolo appare chiaro: è colui che solitamente ha meno neuroni ma compensa con la bravura brutale. Può fare una figuraccia e morire i primi dieci secondi oppure può portarsi in spalla la squadra e fare stragi. Fondamentalmente è il primo a mostrarsi, ad aprire le danze, a metterci il culo per cercare di fare una entry kill o per acquisire più controllo della mappa. Rappresenta il giocatore che non deve avere mai paura, il più spavaldo ed incosciente.
  4. Il support: anche qui il termine è chiaro, colui che deve supportare gli altri. Non solo si sacrifica economicamente ma fa da spalla agli altri ed ha una propensione a risolvere situazioni sfavorevoli o fare clutch (quando si rimane da soli contro due o più nemici). È il più cauto della squadra, non ha dei riflessi mostruosi ma compensa con una buona dose di neuroni ed un altruismo infinito.
  5. AWP: un ruolo questo (che non ho mai giocato per dire) che si può paragonare all’alto artigianato. Ovvero colui delegato ad avere il cecchino. È un ruolo estremamente dedicato principalmente a quell’arma. Per brevità non descriverò le difficoltà che si nascondono dietro a questo ruolo. Mi limiterò a dire che un buon awpparo può decidere le sorti di un match o decretarne il fallimento. Più di altri ruoli poiché è l’arma più costosa del gioco. Per fare un paragone è un pilota esperto che viaggia a 300/kmh su una Ferrari in una strada tutte curve cercando di non perderne il controllo.

Da sottolineare che tali ruoli valgono per la fazione dei terroristi, mentre da controterroristi le parti si appiattiscono e ciascuno mantiene posizioni che predilige nel difendere la mappa. Da notare inoltre che i ruoli menzionati sono utilizzati nel circuito professionale, a livelli amatoriali queste dinamiche si annacquano e diventano improvvisate.

Per quanto riguarda l’aspetto tattico, altra grossa novità introdotta da CS, mi limiterò a dire che nel corso degli anni i vari continenti del globo hanno a grandi linee formato uno stile particolareggiato. Nei paesi dell’ex blocco sovietico si predilige uno stile all’apparenza più calmo che tende a sfruttare tutti e due i minuti del round, cercando di esasperare con l’attesa gli avversari. Nell’America meridionale (soprattutto Brasile), si adotta uno stile di gioco aggressivo. In quella settentrionale si fa affidamento sulla skill brutale (la bravura dei singoli) piuttosto che porre l’accento su tattiche. In Europa (come in Oceania) le tattiche sono improntate sulla versatilità; l’Europa è il continente storicamente più forte, dove nascono nuovi spunti per alzare l’asticella della competitività. In Asia, dove il gioco è meno popolare, i massimi rappresentanti sono i team cinesi, contraddistinti dall’estro e dall’imprevedibilità. Il continente africano non pervenuto (eccetto il Sud-Africa) per ragioni storico-infrastrutturali.

Parliamo dell’fps storicamente più giocato al mondo, un videogioco in continua espansione. Attualmente, al mese d’agosto 2023, gli unique number players, ovvero i singoli account di gioco che hanno avviato almeno una volta CS sono stati 27 milioni. Per darvi una misura delle cifre. Circa 5/6 anni fa un giocatore professionista facente parte dei top 20 team mondiali percepiva uno stipendio netto che si aggirava intorno ai 10k euro, senza contare gli sponsor, il coach, lo psicologo che segue la squadra in trasferta e numerosi altri benefit. Ormai da tempo i “team” sono divenuti organizzazioni vere e proprie. L’età di picco per un giocatore sono i 20 anni, si può fare un’analogia calcistica dicendo che superati i 30 anni, vuoi per la motivazione, vuoi per i riflessi che calano, vuoi perché non ci si riesce ad adattare alle novità si decade più o meno rapidamente.

CS in alcuni paesi, penso a quelli scandinavi, non solo rappresenta uno sport, ma viene considerato un’occupazione nobile alla stregua, se non meglio, di studi universitari, tramite cui insegnare ai giovani l’autocontrollo, la gestione dello stress, lo spirito di squadra e lo sviluppo di facoltà intellettuali. Già, perché potrei dilungarmi a fare molte analogie con il gioco degli scacchi ma dirò soltanto che per giocare bene a CS non basta “saper sparare”. Il first person shooter nato nel lontano 1999 è divenuto una vera e propria legacy in svariati paesi, una tradizione che si tramanda ormai alla successiva generazione, con i padri che introducono le meccaniche di gioco ai figli.

E l’Italia in tutto questo? Non esiste e mai è esistita. Conoscevo la scena e me ne tenevo alla larga anni fa, i giocatori erano, per usare un eufemismo, pochi e praticamente tutti con un’attitudine pessima. Ci sarebbe da fare un discorso culturale ma ne sbatto e per brevità dirò che non siamo neanche lo zimbello della scena di CS, proprio non veniamo considerati e a ragione direi.

Le estati passate nel club, ad arrabbiarmi, ridere e scherzare sono un ricordo indelebile. Le migliaia di ore passate seduto in apparenza da solo sono un bagaglio d’esperienza di cui sono orgoglioso. Le poche ore che riesco a dedicare oggi, tra amici, relazioni, impegni, lavoro, le reputo preziose come l’aria che mi permette di pompare sangue in cuore. Counter-Strike non è mai stato un hobby per me ma una passione profonda che mi ha tenuto in vita, come e non meno importante della musica.

Un appello finale: comprate quello che vogliono ai vostri figli (se ne avete, se ne avrete), lasciateli giocare come e quando vogliono, ma se avrete occasione fategli sfiorare quest’esperienza. Sta per uscire un nuovo capitolo del gioco, i cambiamenti sono tanti ma l’anima resta sempre quella. Non fate l’errore di pensare che un videogioco sia una perdita di tempo o peggio diseducativo. Chi la pensa così è un puaret.

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