Oggi una grossa fetta delle elezioni americane si gioca sullo scontro tra Twitter e Trump. Zuckerberg invece ha fatto un passo indietro, ha detto (dimostrando di ignorare McLuhan) che loro danno il contenitore, non il contenuto. Nel 2010 un film su Facebook appariva come un film su Facebook. Rivisto oggi, dipinge con spietata lucidità le origini di una nuova era.

Un cambio epocale. Non le Torri Gemelle, non la crisi finanziaria, forse nemmeno il virus. Il cambio esistenziale - che questi studenti di Harvard hanno inventato più o meno per scopare o rifarsi sulle ex di turno - è così sistematico che noi oggi, trovandoci dentro, fatichiamo a vederlo.

È ovunque.

Le beghe legali, i litigi sulle idee rubate, le baruffe sulla pubblicità contano poco in verità, è tutto un chiacchiericcio di fondo rispetto alla palingenesi che racconta questo film, in parte anche senza saperlo (o meglio sapendolo, ma non conoscendo del tutto la scala del cambiamento: qui ancora solo comportamentale, oggi politico, gnoseologico). Come tutte le forme d'arte, il cinema illumina il mondo che lo circonda, e resta come testimonianza che va anche oltre le sue intenzioni iniziali.

Fa spavento, fa orrore, gela le budella nel profondo sapere che il mondo di oggi, le sue perversioni, le sue distorsioni politiche e il modo di pensare (o meglio di non pensare) di miliardi di persone siano tutti prodotti degenerati della trovata “geniale” di quattro adolescenti troppo intelligenti e troppo introversi. Perversi nella loro algida genialità.

È un film dell'orrore, dunque. L'orrore vero, quello che non ti fa sobbalzare ingenuamente, ma ti penetra sottopelle lentamente, lo accarezzi e non vuoi crederci. L'orrore che ti corteggia, ti ripugna un po' ma ne sei terribilmente attratto. Un'avventura che vola iperbolica oltre le sue possibilità di controllo. Diventa tutto, assorbe tutto. È tutto. Accorgersi di esserne parte, impotenti, fa raccapriccio.

Riguardare le disavventure di questi ventenni suscita una gran pena, non si riesce proprio a invidiarli. Non si riescono proprio a invidiare i 70 miliardi di dollari di Zuck, non a questo prezzo. Pagato da lui e da tutti noi. Un cambio di paradigma si traduce in denaro, ma si traduce soprattutto in potere. Ridisegna la mappa del potere. Eppure, ancora oggi, nel 2020, il caro Mark sembra non volersene rendere conto. Pensa che quei 70 miliardi così faustiani non abbiano un costo, un peso soffocante. È ancora uno studentello che pensa di poter fregare chiunque. Senza pagarla.

Questa nuova genesi dell'umanità ha il suo demiurgo. A plasmare un diverso homo sapiens è una figura infima, un demonio. Il male assoluto, il diavolo. Il cattivo più cattivo dai tempi di Hitler. Ma anche una figura altissima, inarrivabile nella sua visione, sempre sfuggente. Un dio creatore che segue una logica nuova, che conosce a fondo le bassezze umane perché lui le frequenta assiduamente. Profondamente umano, e tragicamente divino. Suo malgrado.

Un moderno Faust che però ha condannato tutti noi a un sapere inesauribile, multiforme, immediato. Eppure sterile, falsificante, corruttore del reale. Il mondo semplificato per entrare in una timeline. Una piattaforma che per assomigliare al mondo ha portato il mondo ad assomigliarle terribilmente. La verità stessa oggi si individua (o si pensa di poter individuare) attraverso un algoritmo. E dunque non possiamo non riflettere e terrorizzarci vedendo le origini di tutto questo. Le stesse persone che vediamo nel film decidono oggi gli algoritmi della nostra quotidianità su Instagram e simili. Guardiamo le loro idee, pensiamo le loro idee. Le respiriamo.

L'asciutta freddezza della messa in scena, le musiche inquietanti di Trent Reznor, la prova spaventosa di Jesse Eisenberg e i dialoghi al fulmicotone di Aaron Sorkin, il montaggio serratissimo. Tutto concorre a tracciare un capolavoro di cinema puro (quello che guarda al mondo con dolorosa trasparenza) che riesce incredibilmente a rendere “giustizia”, nel 2010 quando molte implicazioni non erano immaginabili, alla perversione geniale da cui è nata questa nuova era.

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