Premessa: il due del titolo significa che esiste anche un English Primitive uno. Son dischi che fan parte di un unico progetto e hanno stessa grana e stessa consistenza. Recensisco il due perché è il primo che ho ascoltato, nonchè quello che ha fatto scattare l’innamoramento. Poi, a dire il vero, c’è anche un altro motivo ed è che, nella traccia che chiude il disco, vengono musicati i versi di un poeta. E io ai poeti sono abbastanza sensibile.
Dei trascorsi musicali del prode David Lance Callahan ricordo il progetto Moonshake, un eccellente mistura di post punk e suoni krauti. Roba, che ascoltando, veniva fatto di pensare: cavolo ce l’ha fatta il vecchio John Lydon a realizzar l’antico sogno! Quale sogno? Ma, scusate, lo sanno anche i bambini! Essere il nuovo Damo Suzuki e cantare con i Can. Altro che Public Image, altro che Sex Pistols!
Questo disco è però un’altra faccenda, al punto che uno scriba lo ha paragonato a Let England Shake della mia amata Polly. Che io allora, oltre a drizzar le orecchie, ho subito pensato: ma dai, ma davvero, ma proprio lei, proprio Pj e proprio questo disco, roba di cui, anche a cercarli mille anni, non troveresti mai stampo e stampino, visto che, stampo e stampino, la cara ragazza li ha nascosti chissà dove. Ma poi, dopo il dovuto ascolto, direi che non si tratta affatto di una idea balzana. Le due opere bazzicano entrambe un folk personalissimo, lei aerea e come di cristallo, lui invece più ruvido e sanguigno.
In ogni caso ben venga la forza di certo folk cazzuto specie se attraversato da scariche elettriche e suoni avventurosi. Non è da tutti essere classici e insieme stravaganti, ruvidi si, ma pure raffinati e, in tutto questo, dar vita a canzoni che scorron senza intoppi in una terra di mezzo tra il mistico e il concreto.
E poi quella copertina dove i personaggi di un cantastorie vengon soffiati sulle vetrata di una chiesa e tutto è vivido e parlante. Ecco allora l’uomo invisibile, ecco il capro espiatorio alla Pennac, ecco i leccapiedi del potere. E, quando sidavidino decide di essere folk e basta, ecco la rosa sulla tomba dell’appestato.
Infine “le manette forgiate dalla mente” e “i segni della debolezza e del dolore”. Come dite, vi fischiano le orecchie? E te credo, questo è William Blake, grande poeta e spirito guida del nostro David, il che significa che, se anche puoi vedere “il cielo in un fiore selvatico”, il mondo fa comunque abbastanza schifo.
In quanto alla formula, vi lascio quella del già citato scriba, ovvero: “una vena elettrica e psichedelica, che inspessisce il melange di folk, drone, afrobeat”. Di mio aggiungo la forza ipnotica e qualche ballata di quelle che fan bene al cuore.
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