Francisco Sánchez Gómez detto Paco De Lucía in omaggio a sua madre, la portoghese Lucía Gómez, è il chitarrista flamenco più conosciuto a livello internazionale ed è sicuramente l'artista che ha maggiormente contribuito alla diffusione della "música de los gitanos" fuori dalla penisola iberica. Nato in una famiglia di musicisti (il padre e un fratello anch'essi chitarristi e un altro fratello "cantaor", cantante), Paco venne iniziato alla musica sin da giovanissimo con una ferrea disciplina fatta di ore e ore di esercizio e studio sullo strumento.
Cominciò la sua attività professionistica registrando con il fratello Ramón de Algeciras l'album "Los chiquitos de Algeciras" a soli 14 anni nel 1961. Dopo essersi affermato in estenuanti tour in patria e all'estero (soprattutto negli Stati Uniti), De Lucia era già considerato nel 1973 come uno degli artisti flamenco di riferimento e il suo virtuosismo stava accelerando quel processo iniziato dai suoi precursori Niño Ricardo e Sabicas di evoluzione tecnica della chitarra flamenca da semplice strumento di accompagnamento a cantaores e bailaores, a vero e proprio strumento solista.
Il disco che prendo in esame oggi è forse quello più celebre del chitarrista andaluso ed è curioso notare che, come a volte accade ai capolavori, si trattò di un disco realizzato in fretta e furia per adempiere a obblighi contrattuali con la casa discografica, tant'è che le cronache ufficiali sostengono che De Lucia entrò in studio con un solo brano pronto, la taranta che dà il nome all'intero lavoro. "Fuente y caudal" è un disco obbligato per coloro che vogliono iniziare a conoscere il flamenco: c'è un campionario praticamente completo di tutti i "palos flamencos" ovvero di tutte le modalità (o sottogeneri) del flamenco tradizionale e per questo motivo descriverò brevementi i brani uno ad uno.
Si comincia con la celeberrima rumba "Entre dos aguas", probabilmente la composizione più conosciuta di De Lucia, ma, data la sua importanza nella storia del flamenco, ne parlerò più dettagliatamente in coda alla recensione.
"Aires choqueros" è un fandangos de Huelva dove le scale infuocate e gli arpeggi ultrarapidi disegnati dalla chitarra sono accompagnate unicamente dal "taconeo" ritmico dei bailaores.
"Reflejo de Luna" è una sognante Granaína che ricorda per certi versi le trascrizioni per chitarra dei brani di musica classica di Álbeniz e Tárrega rese celebri dalle interpretazioni di un altro gigante della chitarra spagnola, Andrés Segovia. Il brano sorprende oltre che per la tecnica anche per il pathos che l'autore e interprete trasmette sulle sei corde.
"Solera" è un Bulerías por Soleá che ricalca in maniera rigorosa gli schemi e la ritmica fortemente codificati del "palo".
"Fuente y caudal" come scritto sopra è una taranta ed è a mio avviso il brano tecnicamente più complesso del disco, vero e proprio compendio di tecniche chitarristiche portate all'estremo ma senza mai trascurare l'elemento emozionale: rasgueados, alzapúas e arpeggi si rincorrono in un brano eseguibile solo da pochissimi maestri.
"Cepa andaluza" è un Bulerías accompagnato da "las palmas" dei bailaores (quello che in inglese viene chiamato "handclapping"...) ed è il brano più vicino alla nostra concezione un po' stereotipata del flamenco fatto di schitarrate violente e "olé".
"Los pinares" è un travolgente Tangos in cui Paco duetta con suo fratello Ramón in cui si susseguono "falsetas" (frasi) utilizzate anche in altri celebri brani di De Lucia come "Rio Ancho" (vedi duetto con Di Meola) e "Solo quiero caminar".
L'ultimo brano del disco è "Plaza de San Juan" un Alegrías che chiude degnamente questo capolavoro chitarristico.
Tuttavia il brano più importante del disco, come già detto, è "Entre dos aguas", una composizione semi-improvvisata (tant'è che il Maestro "stecca" leggermente un passaggio piuttosto semplice...), ma che apre prospettive inaspettate al flamenco, fino ad allora genere assolutamente chiuso e conservatore. Il primo elemento di rottura è l'accompagnamento, affidato oltre che alla seconda chitarra sempre ad opera di Ramón, anche a un basso e ai bonghi, strumenti assolutamente inediti nel flamenco. Poi il tipo di musica, quasi fusion e certamente propedeutico alle esperienze future di De Lucia, l'unico capace di ibridare il flamenco con il jazz o il rock senza snaturarlo e ottenendo sempre grande successo di pubblico e critica. A differenza degli esperimenti pop un po' faciloni di artisti come i Gipsy King (inevitabilmente e aspramente attaccati dai puristi), le aperture di De Lucia hanno saputo creare un genere nuovo e fresco e sono state quasi sempre accettate anche dai "flamencos" più conservatori, forse a causa della grande personalità e dal rispetto che tutti gli addetti ai lavori hanno sempre avuto per il Maestro di Algeciras. A questo proposito è significativo il titolo "Entre dos aguas" ovvero tra due mari, il Mediterraneo e l'Oceano Atlantico dove è situata la spiaggia di Algeciras sullo Stretto di Gibilterra, ponte ideale tra la cultura della tradizione iberica e il Nuovo Mondo, tra i suoni di Andalusia, dell'Africa e delle Americhe, tra i ritmi gitani del flamenco, e i ritmi del jazz e del rock.
Disco fondamentale per tutti gli amici di Debaser amanti della chitarra, un lavoro virtuosisistico ma pieno di "fuego" e "alma" e non solo vuoto esercizio di tecnica.
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