Niente da fare. Dite quello che vi pare, ma qualsiasi cosa facciate, c'è sicuramente una donna che lo sa fare meglio di voi. Non riuscirete a convincermi del contrario, inutile provarci, e volete sapere perché? Perché le donne mi piacciono. Voglio dire: mi piacciono veramente. Donne, donne, donne... Trovatemi qualche cosa di meglio al mondo e vi pagherò da bere finché non sarete tanto sbronzi da non potervi reggere in piedi. Comunque questa è una delle ragioni per cui amo così tanto questa band da LA, California, una delle migliori formazioni di garage psichedelia in circolazione e il cui ultimo disco, 'Glow In The Dark' (Burger Records), sarà sicuramente tra le più belle novità dell'ultimo anno solare.
Death Valley Girls. Sono ribelli, sexy, terribilmente fantastiche e paranoiche allo stesso tempo, schizofreniche e schizzate come se fossero state sparate alla velocità della luce nello spazio cosmico. Se il loro disco precedente, 'Street Venom' (2014), era stato un graditissimo mix di acidità psichobilly mescolata a sonorità blues garage e new wave, questo nuovo disco è in qualche modo una specie di bomboletta spray Ubik il cui ascolto non è altro che una spruzzata di cosmica e lisergica psichedelia punk.
Ci sono ancora ovviamente forti connessioni con certe sonorità wave. Come si fa a non pensare a Siouxie Sioux del resto ascoltando 'Glow In The Dark' (la title-track), 'Horror Movie', 'Disco', 'Seis Seis Seis'. Ma l'attitudine wave non è il solo contenuto del disco. Questo è un disco di musica garage e siamo a Los Angeles, la città dei Gun Club di Jeffrey Lee Pierce il cui fantasma blues aleggia tra le note di 'No Spell' e 'Summertime' e 'Death Valley Blues', allucinate e visionarie dal riverbero del sound dei Suicide di Martin Rev e Alan Vega. 'Pink Radiation', infine, è un dolce trip sparato nello spazio e che ha delle sonorità in qualche maniera meditative e un approccio tipico degli Spiritualized.
Ho sempre ritenuto il punk-rock più una attitudine che un genere di per esso. Allo stesso modo pensando a una band composta prevalentemente da donne (il chitarrista infatti è un uomo, Larry Schemel, che poi sarebbe il fratello di Patty, batterista delle Hole dal 1992 al 1998 e successivamente anche di Juliette and the Licks) è inevitabile ricollegarsi idealmente al movimento underground punk hardcore delle 'Riot grrrl' che combinava esteticamente e ideologicamente l'autocoscienza femminista e lo stile punk e l'affronto di tematiche di natura politica e sociale. E questo, questa connessione, è comunque qualche cosa di positivo in un'era dove del resto tematiche di questo tipo sono sempre attuali e meritevoli di essere discusse. Ma ovviamente ci sono molti e altri contenuti in questo disco e negli intenti di questa band. Le Death Valley Girls si autodefiniscono una band di punk distopico e il prodotto di un esperimento scientifico lisergico che si traduce in un gruppo di sopravvissuti alla schiavità sessuale. La loro citazione preferita è stata presa direttamente dalla sexploitation e più precisamente da 'Switchblade Sisters' del 1975: 'Tutti quanti dovrebbero fare parte di una gang.' Che aspettate allora. Muovetevi e trovate la vostra e se possibile, fate sì che questa sia possibilmente composta in larga parte da donne.
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