Arrivano le navi aliene sulla Terra. I polipi extraterrestri comunicano inchiostrando dei messaggi in un linguaggio apparentemente sintetico, ma in realtà agglutinante all'estremo: ogni segno, si scoprirà, è in grado di descrivere financo una teoria fisica complessa. Comunque, i russi e i cinesi non ci capiscono un cazzo e vogliono bombardare le navi con i missili nucleari, finché i ragionevoli statunitensi - grazie a Amy Adams e Jeremy Renner, rispettivamente esperta linguista e fisico teorico - evitano all'umanità la figuraccia, al vertice della tensione.

Niente malvagità nichiliste alla Mars Attacks. I protagonisti riescono infatti a capire che lo scopo della visita aliena è insegnare ai terrestri il senso della circolarità del tempo, perché in un lontano futuro sarà l'umanità a dover aiutare la loro razza. Amy Adams riesce a sventare l'aggressione da parte dei comunisti proprio per il fatto che, una volta decifrato il linguaggio, è in grado di creare un paradosso temporale che generi un circolo chiuso: quello che si ha quando sono le conseguenze future a generare le loro stesse cause, ma allo stesso tempo ne sono condizionate. Il paradosso è reso da flash forward.

Il flash forward, che da espediente cinematografico diventa quindi una resa percettiva della capacità di Amy Adams, è motivo portante del film. Disseminate lungo le faccende da guerra fredda di civiltà, passano varie sequenze nelle quali Adams è una mamma single alle prese col male incurabile di sua figlia. Mascherate da flashback, si scopriranno essere invece le conseguenze dell'amore col fisico nucleare. Ma la linguista è stoica, e decide comunque di intraprendere quella strada, tra tutte le sue possibilità di giovane piacente e cattedrata in un'università di pregio, nonché salvatrice del mondo, perché comunque la bambina avrebbe fatto in tempo a regalare al mondo qualcosa come «poesia e sorrisi».

A ben vedere, si tratta di terrore rosso e pro life*, con un paradosso temporale che è comunque meno interessante di quello ultradimensionale su Interstellar. Patinato, d'una patina noiosa da vedere: un minimalismo pigro e lezioso, più che elegante.

Ora Denis Villeneuve ha per le mani il remake di Blade Runner e Blade Runner era sì lento, sì patinato, ma ne faceva un pregio.
Sarebbe ora di smettere con i remake. Le member berries dell'ultima stagione di South Park dovrebbero essere da monito. Si finisce col perdere interesse nell'attuale, e l'attuale è il signor Garrison presidente e trame inedite al cinema che sono ancora a livello di odiosa propaganda dell'illuminismo USA, ché per tutto il film ci si trova a sperare che i russi e i cinesi abbiano ragione e gli alieni vogliano davvero cazzo attaccare la Terra per qualche ragione.

Peraltro con un buco nero di sceneggiatura, perché se quella dei flash forward è una capacità indotta alla protagonista, non si può giustificarne la presenza fin dall'inizio del film.

Un film inutile se non nocivo. Una boiata.

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[*] Pro life ultima frontiera dello stoicismo?

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