Verrebbe da dire: Oh,no! It's Muzak!

Stampato nel 1987 e riproposto un paio di mesi fa con una nuova veste grafica di rara bellezza, un brano in più, gadget e cottillons, EZ listening Muzak è un best of dei Devo pubblicato quando la band americana dei Casale, Mothersbauhg & Co. aveva in pratica già sparato le sue migliori cartucce e si consegnava inerme a quel ricambio generazionale dei decenni a venire, dove avrebbe ricoperto il ruolo di ispiratore di band pseudo-indie da 7.1 su Pitchfork.

Certo, riuscire a tenere botta a uno dei migliori debut album di sempre (Q: Are We Not Men? A: We Are Devo!), prodotto da quel gran genio del mio amico Brian Eno, non era impresa facile.

Non è mai semplice imporre una seppur piccola avanguardia e mantenerla nel tempo. Impresa non riuscita a loro, ai Television, ai Suicide, a tutto il cucuzzaro del CBGB inclusi i Talking Heads che hanno sbranato gli anni Ottanta, salvo sciogliersi all'alba dei Novanta, evitando un tragico daievai di flop discografici. Per i Devo, i flop sono arrivati ben presto, non prima di aver fatto dire a Brian Eno che la cover di Satisfaction contenuta nel loro album d'esordio rimane una delle sue produzioni più riuscite. Dopo aver rivoluzionato quei fine anni Settanta, dopo essere stati punk, new wave, precursori della videomusic, alfieri inconsapevoli di Mtv, attori, ballerini, artisti, cultori del merchandising, autori di Mongoloid, Jocko Homo, dopo averci spiegato che siamo tutti un po' Devo (in preda a una devoluzione che oggi si palesa in bufale su facebook e analfabetismo funzionale) e dopo tutta 'sta carne al fuoco messa lì, fino ai primi anni Ottanta, se riesci ad aggiungere altro, sei la band del secolo.

E poi ai Devo, imprigionati all'interno della loro immagine, non erano concessi cambi di prospettiva e rivoluzioni estetiche. E forse neanche gli importava più di tanto. Sarà stato al grido di “We are all Devo!” che quando le classifiche e i passaggi radiofonici intonavano bye bye, i nostri decisero di pubblicare una raccolta dei loro pezzi arrangiati in chiave Muzak, che poi sarebbe quel jazzatino prodotto dall'etichetta discografica Muzak: musica diffusa nei luoghi pubblici in qualità di “musica da accompagnamento”.

Frase (e sonorità) che i cultori della musique d'ameublement, John Cage in testa, non sopportarono più di tanto. La musica d'accompagnamento non può essere una sequenza orizzontale di xilofoni che seguono i dettami retorici del logos musicale. La musica d'accompagnamento non deve “parlare”, poiché il discorso pretende attenzione e, di conseguenza, genera distrazione. E la musica d'accompagnamento non può distrarre. Lo stesso Cage pare avesse chiesto alla Muzak di pubblicare in esclusiva la sua storica 4' 33”: quel [TACET] sì, che era musica d'accompagnamento. Ma di questo parleremo un'altra volta. I Devo, con queste versioni snervanti e “Muzak” dei loro successi sembrarono voler trovare la degna colonna sonora che raccontasse l'ormai inarrestabile processo devolutivo.

Quella devoluzione che interessava una società pronta a palesare, di lì a breve e sempre con maggiore possibilità e insistenza, i propri bias di conferma sballati, consegnandosi alla mercè orizzontale del rincoglionimento globale fatto di clickbaiting e boccalonerie. Colpo di genio (avanguardista e filosofico) finale, prima di arrendersi a una carriera nostalgica fatta di concertini e ospitate ai festival più improbabili. In tanti mi chiedono se esistono dei veri e propri eredi dei Devo. Io rispondo sempre che l'unico erede dei Devo meritevole di attenzione è il suono del modem 56k.

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