Sole, deserto, chitarre. Qualcuno nei primi 80, dall'altra parte del mondo, le imbraccia e va giù duro.
E beh, son nate per essere usate a dovere, che credi? Hanno mille potenzialità, svariate combinazioni
di note e accordi e poi, se ci metti anche le pedaliere con i loro effetti riescono a sconvolgerti l'anima.
L'Europa nella penultima decade del 900 si rifà il trucco, anzi, si trucca per la prima volta senza distinzione
di genere. Dandies misogini si aggirano per le città del vecchio continente, tra incredulità e stupore generale,
sposando la corrente di pensiero legata al Staatliches Bauhaus, l'avanguardia razionalista che ridisegna
l'arte privandola di futili orpelli a favore di una linea scarna ed essenziale. La musica conosce una nuova
ondata di artisti dal volto cereo che si destreggiano tra sintetizzatori e batterie elettroniche smussando le
esorbitanze e rifiutando ogni virtuosismo riconducibile al rock più canonico e machista.
I nostalgici rockkettari, in preda ad una crisi di panico, trovano un'ancora di salvezza sulle sponde della California nel
Paisley Underground (rispolvero della psichedelia legata alla "Summer of Love" ma terminata nel giro di cinque anni)
e nella nuova scena che giunge dalla lontanissima Oceania. Sydney, Brisbane, Melbourne fino all'estremo
occidente con Perth, diventano il palcoscenico dell'epoca musicale più viva ed entusiasmante dell'Australia.
Una rete underground di pub, cantine, garage e locali così angusti che riesci a percepirne l'alito alcolico di chi ti
affianca, ospita le prime performance live dei pionieri Radio Birdman e The Saints e sucessivamente dei Triffidds,
Hoodoo Gurus, Birthday Party, Go-Betweens e Died Pretty, cinque ragazzi di Sydney che in comune hanno le
edicole votive di Stooges, Velvet Underground, Doors e Suicide nelle proprie camerette, e la brama di resuscitare
le sonorità mistiche, i trip psichedelici dei loro amatissimi sixties.
"Next To Nothing" è il titolo del terzo e.p. edito su etichetta Citadel Records nel maggio 1985
(l'anno sucessivo avrebbero regalato il capolavoro "Free Dirt"). L'oscurità e la luce,"Ambergris" immateriale grazia
che percorre sul pentagramma le polverose strade deserte di un territorio ai confini del mondo, pennate intinte
nell'inchiostro della melanconia, una visione onirica che dimora nei recessi dell'anima, sfrontata e reale solo nei
ritornelli urlati al cielo da Ronnie Peno. Una perla senza tempo che, involontariamente, adombra la sucessiva
egregia pastorale "Plaining Days". Salsole fuggite alla steppa, nel sole cocente del giorno si materializzano negli
otto minuti di "Desperate Hours" dove Brett Myers ricama con la sua Fender arazzi orientali di finissima manifattura.
Grandi spazi prendono forma nella conclusiva "Final Twist", la linea d'orizzonte incerta, indefinita inganna la vista
proiettando territori immaginari che svaniscono con l'ultima nota. Figli di un amaro destino, i Died Pretty
alimentano la schiera degli illustri sconosciuti, ingiustamente boicottati, specie nella loro terra.
Il 1985 è ormai lontano anni luce, i talentuosi ragazzotti hanno riposto strumenti e sogni nei foderi,
ma ogni volta che piazzo "Next To Nothing" sul piatto, ricordo un tempo magico dove un continente
dall'altra parte del globo ha dettato i proprio stile, imposto il proprio sound e catturato definitivamente
le nostre emozioni.
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