I racconti sono una notte di passione, un romanzo, invece, è una storia d'amore.
Così, nell’ultimo romanzo di Buzzati si osserva tutto l’evolversi di un amore, fino a che questo non approda in qualcosa di nuovo.
Eppure, il tempo in questo romanzo procede diversamente che negli altri. Infatti, mi è sempre parso che, in Buzzati, il tempo fuggisse via con una velocità che cresceva in modo esponenziale: passavano con la stessa velocità prima i giorni, poi le settimane, i mesi, gli anni, lustri e, infine, i decenni; diversamente procede in questo amore: percorre una circonferenza, in cui un’angoscia persistente si presenta in forme che si ripetono nel tempo e vengono solo talvolta interrotte da brevissimi momenti di tregua.
Però, se il tempo è diverso, simili sono i sentimenti che, come nei suoi romanzi e racconti più celebri, anche in questo amore, sono passioni che fanno rima con ossessioni. L’amore è chiodo fisso, malattia, ossessione opprimente e oppressione ossessiva.
È l'amore di Antonio per Laide. Un amore diseguale, squilibrato, totalizzante che viene raccontato così in modo soggettivo, interiorizzato, angosciante.
E la lettura, è anch’essa angosciosa.
Antonio non ha sempre la voce del racconto, ma è sempre suo il punto di vista per tutte le duecento pagine del romanzo. Un punto di vista parziale, sospettoso, ingenuo, ma soprattutto debole e incerto come le foglie autunnali, e straziato, come un paese bombardato.
Nella lettura ci si chiede se questo procedere circolare abbia mai fine e conduca da qualche parte. E si rimane sospesi, fino al sorprendente finale.
Lo stile non è quello elegante a cui Buzzati ci ha abituati. Ci sono apparenti incoerenze sintattiche e stilistiche. Ad esempio, il narratore passa dalla terza alla prima persona quando, attraverso un unico e ambiguo verbo, il narratore cede la parola al protagonista. Ci sono elenchi riportati in modo leggero, apparentemente non curato nella forma, con una leggerezza da scrittura privata. Sembra una scrittura automatica.
Si è completamente immersi nell’animo del protagonista.
Ed è sorprendente come, in pochi anni, Nabokov, prima, Buzzati, poi, e, infine, Berto, siano riusciti a raccontare l’amore in un modo profondamente autentico, che ancora sconvolge.
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