Il ritorno di fogna non é così male se ci si fa il naso. Al proprio riflesso sullo specchio, invece, non ci si abitua mai.
É altrettanto vero, però, che dalla rassegnazione nasce l'ultima, disperata forma di autoconsapevolezza. Lo sanno bene anche i Discomostro, giunti al capitolo conclusivo della 'trilogia della sopravvivenza'.
Sarà per questo che per la prima volta da "Mostrofonia" (2016, professional punkers rec.), la creatura del Carlame (ex Skruigners) raccoglie forza e lucidità per spostare l'attenzione rispetto a sé stessa e misurarsi col proprio contesto ('Gelato').
Confondendosi nella mischia, il nostro ha tutto il tempo per poter osservare vizi e virtù di un genere abbruttito dalla propria natura fallace, dipingendone un ritratto informe, non sbiadito, funestato ora dal dubbio sulle proprie scelte ('Temporale') ora dalla nostalgia di qualcosa che non é più ('Madrid').
Non é ira, né scoramento. É una sentenza a cuore aperto. Quando non incombe al passo del suo hardcore cadenzato e preciso, canzona coi suoi inserti rock'n'roll, spariglia il mazzo e riscrive le regole di un numero da freak show che vede esibirsi il pubblico pagante.
Poi, preso dalla frenesia di volerlo a tutti i costi abbracciare, con fare incerto ma tutto sommato ricucito con i suoi trascorsi più tormentati e resosi conto quanto basta della distanza che lo separa dai suoi simili, il mostro si ricompone un pezzo per volta, si alza sulle proprie gambe e si fa strada a passo dinoccolato lungo il proprio sentiero, affidandosi al fiuto che lo porta al familiare ritorno di fogna.
Odore di casa, che sorprende proprio di fronte allo specchio.
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