Esiste nella storia dell’hip-hop una figura più importante di Josh Davis, meglio noto come DJ Shadow? Probabilmente no. Certo, una risposta simile rischia di dar luogo a generalizzazioni, eppure la tentazione è forte, considerando il valore del monumentale Endtroducing….. e della sperimentazione portata avanti da Josh tra la metà degli anni Novanta e l’inizio del decennio successivo.

Il pregio di questa attività, sostenuta da un’appassionata ricerca musicale, consiste nell’aver percorso quella via “alternativa” che artisti come DJ Cam avevano contribuito a delineare. Stiamo accennando alla possibilità di superare i confini del genere per arrivare, grazie a una valorizzazione del ruolo del producer, a una proposta strumentale, affascinante e, soprattutto, fruibile anche da chi non mastica pane e rime.

Josh Davis o l’hip-hop che si apre al mondo: potrebbe dunque essere questo il titolo di un saggio sul DJ californiano. Un capitolo centrale sarebbe occupato non solo dall’esordio, ma anche da Preemptive Strike, raccolta pubblicata all’inizio del 1998 e contenente alcuni singoli comparsi tra il ‘93 e il ‘97.

La presenza delle parti prima e quarta della suite “What Does Your Soul Look Like”, già inserite nella scaletta di Endtroducing….., non deve trarci in inganno: non siamo di fronte a un greatest hits o a una banale collezione di outtake, ma a un progetto concepito come un viaggio, un percorso che dai primi passi mossi dal produttore giunge alle tracce più mature degli ultimi tempi. Il tutto accompagnato da un sound meditativo e avvolgente, vicino a quello del debut album.

L’iniziale “Strike One” ci proietta subito in una sala prove e ci fa respirare quell’aria da “work in progress” che caratterizza da sempre il lavoro di un musicista. A seguire troviamo “In/Flux” e “Hindsight”, due brani realizzati nel 1993. Nel primo Shadow riesce ad armonizzare suoni di ogni tipo su un coinvolgente groove di basso e batteria; il secondo, invece, si distingue per le atmosfere rarefatte, paragonabili a quelle del collega DJ Krush.

I quattro movimenti di “What Does Your Soul Look Like” rappresentano forse il vertice della discografia di Josh Davis. Si passa dall’ipnotico loop di chitarra della parte seconda (a mio avviso meravigliosa) ai 4/4 di estrazione hip-hop della terza, senza dimenticare i battiti lenti, i sax romantici e persino la voce di Gianni Nazzaro, ulteriori esempi di un diggin’ prodigioso, a tratti sorprendente.

Chiudono la compilation l'animata High Noon”, divisa tra sfuriate rock e sintetizzatori pescati direttamente negli anni Ottanta, e “Organ Donor (Extended Overhaul)”, sorta di versione estesa in cui Shadow, oltre a tagliare il campione di organo in maniera diversa, si diverte a sovrapporlo a sonorità acid che infondono ulteriore grinta al tutto.

A spezzare l’ascolto ci pensano gli interludi con le chiacchiere scambiate tra amici, momenti che aggiungono una nota colloquiale al disco, quasi fossimo noi a conversare con il timido Josh e a dargli i nostri pareri sulle sue ultime produzioni.

Il risultato, quindi, è positivo: il “colpo preventivo” sferrato da Shadow raggiunge i suoi obiettivi, trasportando l’ascoltatore in un mondo magico dove le tensioni si accumulano per poi magicamente annullarsi. Un mondo che supera i confini del beatmaking e avvicina l'operazione del DJ "ombra" a quella di un compositore, in grado di assemblare elementi da fonti diverse e trasmettere loro calore, grazie a un talento cristallino, una cultura sconfinata e un gusto assolutamente personale.

Un’impresa a dir poco ammirevole.

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