Si conoscono da una ventina d'anni, l'uno bolognese e mediterraneo, l'altro australiano che vive in America, ma solo adesso (approfittando della pausa di due anni che il gruppo del primo si è presa per festeggiare l'importantissimo traguardo del cinquantennale) hanno realizzato il tanto agognato disco insieme. Stiamo parlando di Dodi Battaglia e di Tommy Emmanuel, ovvero uno tra i più grandi chitarristi elettrici in circolazione e uno tra i più grandi con la chitarra acustica fingerstyle. Ne nasce così "Dov'è andata la musica", terzo lavoro solista del chitarrista felsineo, 30 anni dopo "Più in alto che c'è", disco di sole canzoni, e 12 anni dopo "D'assolo", disco invece interamente strumentale. Ha spiegato Dodi che il disco nasce tra l'Italia, e precisamente lo studio di Acquapendente in Provincia di Viterbo, e Nashville, dall'altra parte del mondo, dove vive Tommy, e rappresenta un modo per raccontare, attraverso appunto l'unione tra un musicista europeo e uno oceaniano, "dov'è andata la musica". Il disco non ha né la pretesa di spiegarlo né è un interrogativo critico, ma nasce da una collaborazione tra due artisti già ampiamente affermati che hanno lavorato divertendosi, sapendo di non aver necessariamente, anzi nulla, da dimostrare. Dodici le tracce, otto canzoni propriamente dette e quattro brani strumentali, due di stampo elettrico (ovvero la opening track "Mediterranean Girl" e la conclusiva "Vale", dedicata a Valerio Negrini, storico fondatore dei Pooh nel 1966 e scomparso a inizio 2013) e due di stampo decisamente acustico, "The Journey" e "Louis and Clarke", quest'ultima già precedentemente composta da Emmanuel. In tutti i brani si respira la grande sintonia tra la chitarra elettrica di Dodi e la acustica di Tommy: i due strumenti dialogano, si scambiano battute, "parlano" il sublime linguaggio della musica, con virtuosismi senza sbavature. Tutto è stato curato perfettamente, ogni suono, ogni microfono, affinché il risultato fosse perfetto e nello stesso tempo godibile. Infatti, a differenza di "D'assolo", il terzo disco solista di Dodi non è rivolto a un pubblico specializzato, ma vuole fondere gusto strettamente tecnico a un gusto pop, quel pop che Dodi ha ben rappresentato per oltre quattro decenni con i suoi compagni di viaggio Roby, Red, Stefano (e, nei primi '70, anche Riccardo.,.). I brani non strumentali più rappresentativi sono sicuramente la title-track, ma anche e soprattutto il singolo apripista "Grazie", canzone celebrativa dove Dodi tra i tanti ringraziamenti dice "grazie alla vita, che è andata così". Dolcezza e emozione si fondono a un approccio più rock in questa canzone, mentre in altri brani si respira aria di flamenco ("Mediterranean Girl") e di country americano ("Louis and Clarke"). Tanti i generi quindi in questo lavoro, arrangiato da Dodi e dal tastierista Danilo Ballo, i cui testi sono curati per la prima volta dallo stesso Dodi, che orfano di Valerio ha deciso e capito che poteva essere lui il solo a tradurre anche in versi il significato della musica. E il risultato sono testi per niente banali, come "Streghetta" dedicata alla ragazze tatuate e coi piercing, che non devono avere paura dei pregiudizi, e "Io non so amare a metà", capovolgimento della storica "Tanta voglia di lei", dove questa volta è la donna ad avere due uomini e a dover "andare via, perché il suo posto è là". Il mio voto a questo disco è 4 stelle, magari non piene, ma ci stanno, per un disco di grandi contenuti sia chitarristici che lirici. Rispetto a "Ma che vita la mia" di Roby Facchinetti e a "L'istinto e le stelle" di Red Canzian, questo "Dove è andata la musica" è quello che si dimostra complessivamente migliore. In attesa del compimento del mezzo secolo di un pezzo di storia della musica di ogni tempo.

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