"Cosa mai c'entrerà la Svezia con la musica che viene dal deserto?". E' una domanda che mi sono fatto spesso, anzi, per la verità ogni qualvolta ho approcciato questa band scandinava. Sia ben chiaro nessuna sorta di infatuamento per zone geografiche ben precise (anche se in California non si sta poi così male), nessuna avversità per la nazione che ha dato, e che per fortuna continua a dare i natali ad un "movimento" che credo sia molto ambìto dal pubblico italiano e internazionale: "le svedesi".
Questi Dozer li ho sempre sentiti nominare con frequenza, nell'ambito di un calderone sonoro (lo stoner), che pare sempre più in continua evoluzione, e presenta, secondo i gruppi, caratteristiche differenti (tanto per fare un esempio, si può spaziare dalla psichedelia pura, sino alle divagazioni più estreme: mi riferisco allo sludge e al doom di scuola sabbathiana). Questi quattro ragazzi venuti dal freddo, non mi hanno mai entusiasmato più di tanto, fino a quando mi è capitata tra le mani la loro ultima fatica: "Beyond Colossal" (Small Stone) uscita poco più di due mesi fa. Opere per l'appunto: "colossali" come "Blues for the red sun" e "Welcome to the sky valley", forse non ce ne saranno più, ma credetemi, quest'album al primo ascolto mi ha lasciato quasi completamente con il culo per terra. Fortemente influenzati dai maestri Kyuss, in questo disco i nostri fanno un lavoro che per innovazione, originalità e produzione non si era mai sentito prima nell'ambito del pur vasto mondo dello stoner rock.
Ascoltato e riascoltato più volte, mi viene da pensare a un perfetto miscuglio di psichedelia, alternative e riff di chitarra che in certi casi tanto mi ricordano i primi Queens of the stone age: "Grand inquisitor". Azzardo un paragone ancora più forte: un pò come sentire(anche) dei Mars Volta "rivisitati" in chiave heavy ma meno virtuosi: "Ekoskeleton pt II"-"The Ventriloquist"(sentire per credere). Altro punto di forza dell'album, la voce solida del singer Fredrik Nordin, peraltro supportato dall'ottimo Neil Fallon (ugola dei Clutch) nel brano più incazzoso: "Empire's end" e nel brano più lungo:"Two coins for eyes". Sorpresa finale, sarà ascoltare le note di un hammond, che chiude nel modo più "lontano" possibile un album che sicuramente è una delle cose più belle uscite nel 2008.
Siamo di fronte alla nascita ufficiale della nuova era "post-stoner"? Non ne sono ancora sicuro, ma nell'attesa di risposte concrete, io dò piena fiducia ai colori gialloblù, stra-con-si-glia-ndo-ve-ne l'ascolto. Il sottoscritto annerisce tutt'e cinque i pallini neri. Ora giudicate voi.
Carico i commenti... con calma