A volte la critica musicale, quelli che fanno di mestiere questa professione, è spietata e incomprensibile.

Un bel giorno ti prende in simpatia, mastica il tuo nome per un po’, lo assapora lentamente parlandone con entusiasmo al mondo, lo fa finire su tutti i giornali, ti considera la "next big thing".

Tu sei molto giovane, ti senti onorato per tanta attenzione, ti impegni per non deludere le aspettative, cerchi di superarti la prossima volta, sei convinto di aver fatto anche meglio, ed invece…

Questo è successo all’inizio degli anni 2000 a questo ragazzotto inglese dal talento non trascurabile.

Dopo le sperticate lodi per il suo primo EP (a mio avviso alquanto giustificate, al tempo di napster, in piena infatuazione Tom Waits, scoprii quella splendida canzone che è “Whistle of a Distant Train” e pensai che l’uomo di Ponoma non era l’unico a darmi i brividi sedendosi a un pianoforte e raccontando storie di treni e annessi) e il suo primo LP (a mio avviso giustificate solo in parte) si trova all’improvviso giù dal piedistallo (e mai più in verità ci è risalito..), considerato dalla critica, che lo aveva esaltato un attimo prima, nient’altro che un normalissimo e trascurabile autore di canzoni “alla maniera di”.

E invece no, io questo “From Every Sphere”, il suo secondo LP, lo adoro, perché queste canzoni hanno quel sapore ritemprante di classico, di ritorno a casa dei tuoi, specialmente quando loro non ci sono più.

E nell’aria di settembre ci stanno bene come un leggero pulloverino dopo quelle insopportabili sudate causate da quello splendido ma insopportabile sole martellante di un’estate ormai alle spalle.

Profumano d’antico, spesso.

Canzoni, tipo "Metaphorically Yours", emozionanti nelle melodie e nelle armonie, raffinate e fantasiose negli arrangiamenti.

Canzoni “aspettando la pioggia”, che pulisca via tutto il resto, così che a volte rimanga solo un lento walzer, il suono del pianoforte, una voce, una tromba, un campanellio leggero.

Romanticismo insostenibile, stucchevole potrebbe dire qualcuno, ma io trovo che non sia così.

L'eco di quella sequenza melodica di cinque note nascoste, forse già sentite, che solo a livello inconscio percepisci e che ti trasmettono quel senso di malinconia che viene da lontano.

Uno dei migliori album di inizi duemila, peccato che pochi se ne siano accorti, ma, si sa, io di musica io non capisco molto.

Ma di pullover si, però...

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