Da qualche tempo, beh da parecchio tempo diciamo, mi capita ogni tanto di ascoltarli, i libri, anziché leggerli.
Principalmente perché ciò mi consente, mentre li ascolto, di fare anche qualcos’altro. Si sa, oggi non è più possibile fare una sola cosa alla volta.
Trovo quest’aspetto della contemporaneità decisamente fastidioso: io amo concentrarmi completamente sulle cose che faccio, lo trovo indispensabile per la mia salute mentale.
Non credo nel multitasking, anzi so per certo che non esiste e che si tratta di una pia illusione, al massimo argomento da chiacchiere al bar.
In alcuni casi, però, l’attività da svolgere si presta almeno apparentemente a essere condivisa con l’ascolto di un audiolibro. L’ideale è mentre si guida. Io però non uso praticamente mai l’automobile, se non per andare in vacanza.
E allora mentre ci si sposta in solitudine da un punto all’altro, o mentre si fa attività fisica; tipicamente, nel mio caso, a piedi oppure in bici o in piscina. O magari mentre si cucina. AirPods nelle orecchie e via di audiolibro.
In verità, per quanto ripetitiva e automatica possa essere l’altra occupazione, arriva sempre il momento in cui ci si rende conto che da qualche minuto il pensiero ha preso tutt’altra strada e il libro che stavamo sentendo, non lo stiamo più ascoltando. E vabbè, si torna indietro e si riprende, anche se in questo modo la durata del racconto si allunga, a volte anche di parecchio.
Quest’ultima affermazione è di particolare importanza nel caso del libro oggetto di questa recensione, in quanto trattasi di un mattonazzo che in versione cartacea “tascabile” sfiora le 1.300 pagine, mentre in veste “auscultabile” dura 48 ore e 19 minuti.
Gli ascoltatori di audiolibri lo sanno: 48 h di ascolto non sono poche. Se poi chi legge non è particolarmente coinvolgente, succede che ci si distrae spesso e si torna indietro di continuo…
Ecco, è da mesi che sto tentando di finirlo, mi mancano cinque ore e spero di riuscire a trovarle da qui a fine marzo. È andata così anche con “La Montagna Incantata”, 41 ore e mezza di ottima narrazione, ma insomma, mi ci è voluto un po’ per arrivare alla fine.
Sto quindi scrivendo la recensione di un libro che non ho ancora finito di leggere (ascoltare)?
Ebbene sì. A mia discolpa posso però affermare che:
- nel frattempo ho visto il film (La Scuola Cattolica, Stefano Mordini, 2021);
- avendone ascoltato quasi il 90%, credo di poter dire con serenità che non mi aspetto grossi colpi di scena dal restante 10;
- forse sto recensendo più l’oggetto audiolibro in sé, che non questo specifico audiolibro.
Comunque sia:
il bravo Albinati sostiene più volte nel corso del racconto che il tema dello stesso sia il DDC (Delitto Del Circeo). Di fatto però ne parla tutto sommato poco; lo utilizza invece come collegamento tra i tanti argomenti che vuole trattare, invero molti e molto vari, con sessualità e violenza a fare da collante.
Compagno di scuola (cattolica) degli autori di quello e di altri delitti, riflette, e chiede anche a noi di riflettere (credo, ma non è che l'abbia sentito di persona), su quanto possa essere piccolo il salto da compiere per passare dal “bene” al “male”; su quanto ci venga naturale l’essere violenti; su quanto l’educazione famigliare e scolastica incidano su questa naturalezza e sulla nostra stabilità mentale.
E poi sui collegamenti tra eversione nera, Stato e criminalità organizzata, sulla musica, sull’alta borghesia italiana degli anni ‘70, sulla letteratura, sulla religione, sulle ragazze tedesche, sul cazzo le tette la figa e il culo, l’adolescenza e la gioventù, l’arte e gli artisti, la politica, lo stupro, il terrorismo, i quartieri “bene” di Roma, l’essere maschi (“una malattia incurabile”), e su molto altro ancora.
Lo fa con una scrittura sempre eccellente, anche se in alcune fasi le molte divagazioni rendono un po’ faticosa la lettura e soprattutto, come dicevo sopra, l’ascolto.
Ma non abbastanza da scoraggiarmi.
Detto ciò, mi chiedo se nel caso di un audiolibro il giudizio vada dato all’autore del libro oppure a chi lo legge.
Mah. Credo ad entrambi, solo che il DeBasio ovviamente non lo consente.
Dirò quindi che in questo caso la voce narrante è quella di Giancarlo Cattaneo e che a me non piace troppo. Troppo enfatica, e poi spesso sbaglia tempi e pause, cosicché il senso di certe frasi si capisce troppo tardi e a costo di distrarsi dal fluire del discorso.
Il film è inutile.
Il libro invece è davvero molto bello.
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