Non perde tempo Emilie Simon.
Non è passato molto da quando ci ha incantati con le fragili melodie scritte per accompagnare i pinguini imperatori alla scalata dei box-office del cinema mondiale.
Quando l'ho sentita per la prima volta (al cinema appunto) ho pensato subito ad un clone di Bjork. E in effetti non sono stato l'unico a pensarla così. Colpa dei campionamenti elettronici, colpa delle melodie soavi e misteriose; comunque, un clone ben fatto.
Poi mi ascolto bene i due dischi all'attivo e ci ripenso. I paragoni forzati e la voglia di criticare chi si prende meriti copiando qualcun'altro pian piano spariscono. In ciò che canta questa ragazza c'è qualcosa che in qualche modo la rende unica.
E in questo nuovo lavoro il dubbio si fa certezza. La francesina ci sa fare, e lo dimostra con 13 canzoni originali e soprattutto molto belle. Piccoli poemi dalle melodie sussurrate con voce incerta e innocente, capaci al primo ascolto di fermare il tempo e proiettare l'ascoltatore in territori evanescenti, impalpabili.
Una volta per tutte Emilie mette in chiaro la differenza essenziale tra la sua musica e quella del folletto islandese: il calore. E' la linfa che scorre nelle sue vene ad essere diversa, il fatto di essersi nutrita delle romantiche melodie francesi degli anni andati. Oggi quel nonsoché di unico si esplicita con estrema grazia, regalandoci un'artista estremamente consapevole delle sue molte qualità.
"Alicia", "Le Vieil Amant", "Sweet Blossom" e "In The Lake" sono autentici capolavori di buongusto, caratterizzati da musiche evocative e arrangiamenti elettronici maniacali ma mai invadenti.
Unico punto debole per Emilie sembrano essere le composizioni più ritmate: le comunque originali "Rose Hybride De Thé" e "Never Fall In Love" risultano un po' caotiche e forse poco adatte alla delicatezza del disco.
In ogni caso si tratta di un ottimo lavoro, un modo originale per lasciare questo mondo, restare sospesi in un personalissimo limbo di belle speranze e tornare sani e salvi, forse anche un po' cambiati...
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