Magie, incantesimi e regalie si dipanano negli anfratti più reconditi della sacra & maestosa alcova dell'underground elettronico. Questa volta facciamo un lunghissimo balzo sino in Australia, florida terra pop-mainstream e - perché no - pure del misconosciuto sottosuolo sonoro: Emma Hewitt, attualmente di stanza ad Amsterdam, agli antipodi del suo continente, è una balda signorina, nota probabilmente per essere la classica vocalist femminile al soldo di djs e produttori, che tuttavia può già vantare un debutto con i fiocchi e controfiocchi, "Burn The Sky Down", uscito nel 2012 appena salutato con panettone e spumante. Ciò che può essere estrapolato dall'album è la buona capacità della Hewitt di reinventare la propria conoscenza dell'underground trance europeo - con particolare menzione al contesto fiammingo-nordico (Tiesto vi dice qualcosa?) - e di metterla al servizio di un lavoro solista corposo, coerente, armonioso, denso nel suo genere e tutt'altro che anonimo e insipido. Certo, le ispirazioni all'Ibiza olandese ci sono tutte e il supporto degli amici produttori-disc jockey non tarda ad arrivare, tuttavia questo bagaglio di esperienze non è altro che il prodromo ad un ulteriore vasto curriculum di sounds e fragranze che includono l'ascetismo downtempo, la placidità dell'artefazione ambient e qualche preziosa chicca trip-hop.
Addentrandoci nel disco possiamo assistere ad un percorso musicale estasiante ma equilibrato, partito quasi immediatamente con il botto con la trascendenza armonica di Colours, grande composizione celtic-tribal-ambient che pare una rivisitazione del repertorio di Enya. Si passa poi ad un gustoso brano a metà strada fra alternative rock e dowtempo, These Days Are Ours, per poi imbattersi nel malinconico angolino synthpop retrò con Foolish Boy e dunque nel trip-hop con soffuse sfumature chillout di Still Remember You (Stay Forever). Nuove rimembranze industrial-rock sono percepibili in Crucify mentre si assiste a uno strano sposalizio trance-gothic nella cupissima State That I'm In e nell'altrettanto enigmatica Circles; gran finale iper-danzereccio con il piccolo gioiellino house stile ibiziano Like Spinning Plates, prestito del team olandese Dash Berlin.
"Burn The Sky Down" è un progetto eterogeneo e trasversale non solo alla commercialità mainstream ma anche alla pura ecletticità underground: qui si ritrova, attorno ad una tavola piuttosto imbandita, pop e anti-pop, elettronica per il corpo e per lo spirito, industrial e ambient, natura e artificio, tutti micro-organismi di un unico lavoro. Lontanissimo da qualsiasi schieramento up o under che sia, disinteressato sia all'unanime gradimento delle masse che alla "schizzinoseria" di nicchia indie, il debutto di Emma Hewitt è un prodotto in grado di soddisfare qualsiasi scala caleidoscopica di umori e predilezioni, senza tralasciare, rifiutare o scacciare niente e nessuno.
Emma Hewitt, "Burn The Sky Down"
Burn The Sky Down - Colors - Miss You Paradise - These Days Are Ours - Foolish Boy - Rewind - Still Remember You (Stay Forever) - Can't Turn Around Now - Crucify - This Picture - State That I'm In - Circles - Like Spinning Plates.
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