1. Prologo

Sicilia. Luglio 1996. Il padre crollò al suolo e non rispose alle suppliche del bambino. A. comprese le leggi che governano il cosmo.

Vivere, in generale, vuol dire essere in pericolo.

2. Vite

Emmanuel Carrère scrive di ciò che teme: la morte di un figlio per i genitori, quella di una giovane donna per i figli e il marito. La vita mi ha reso testimone di queste due sciagure, l’una dopo l’altra, e mi ha assegnato il compito, o almeno io ho capito così, di raccontarle.

3. Onde e topi

Sri Lanka. Dicembre 2004. Carrère è nel sud-est asiatico con la famiglia. La notte che precedette l’onda ricordo che io e Hèlène abbiamo parlato di separarci. Improvvisamente il mare inghiotte il brulicare della vita: ciò che era non sarà, mai più.

Philippe stava leggendo il giornale locale seduto sulla poltrona di vimini nella veranda del bungalow, di tanto in tanto alzava gli occhi per controllare le due bambine che giocavano in riva al mare. Saltellavano ridendo tra le piccole onde. Juliette parlava francese, Osandi srilankese, ma si capivano benissimo lo stesso. Alcune cornacchie si contendevano gracchiando le briciole della colazione. Tutto era calmo, si preannunciava una bella giornata, Philippe ha pensato che magari nel pomeriggio sarebbe andato a pesca con Jérome. A un certo punto si è reso conto che le cornacchie erano scomparse, che non si sentivano più versi di uccelli. È stato allora che è arrivata l’onda. Il mare, che un attimo prima era una tavola, un attimo dopo era un muro alto quanto un grattacielo e stava per crollargli addosso. Per una frazione di secondo ha pensato che sarebbe morto e che non avrebbe avuto il tempo di soffrire.

P. sopravvive, come Carrère e la propria famiglia. Le bambine vengono inghiottite dal mare. I familiari di Juliette tentano di riportare la piccola in Francia: il conducente del tuk-tuk è loquace, many people dead, ma sua moglie e i suoi figli, grazie a Dio, sono illesi. Quando ci avviciniamo all’ospedale ci assale l’odore. Pur non avendolo mai sentito, lo riconosciamo. Dead bodies, many dead bodies, dice il conducente portandosi un fazzoletto al naso e suggerendoci di fare lo stesso.

Francia. 2004/2005. Nel frattempo nella periferia francese affiorano topi che divorano esistenze.. Risuona l’addio: Amèlie e Clara avevano fatto dei disegni per lei, portato la videocassetta dello spettacolo ma, pur sapendo quanto ci tenessero, Patrice non se l’è sentita di collegare la videocamera al televisore della stanza come avevano programmato. Era talmente penoso che hanno fatto durare la visita meno del previsto. Clara ha dato un bacio a sua madre, Patrice ha messo il faccino di Diana contro la guancia di Juliette, ma Amèlie era così atterrita che non ha voluto staccarsi dalle braccia della zia.

Ecco, Carrère osserva e racconta la devastazione. La lingua è asciutta, il narratore non spiega l’incommensurabile ma coglie l’essenza dell’orrore: l’assenza di qualsivoglia senso. Se sapessimo quello che rischiamo non oseremmo mai essere felici. Rimangono essere umani, dal nucleo irrimediabilmente incrinato, che disperatamente vogliono.

4. Epilogo

Sicilia. Luglio 2021. A. osserva la diapositiva: il padre sorregge il bambino e sussurra ‘andrà tutto bene, ci sono qua io’. La bestia divorò il padre e la promessa.

Vivere, in generale, vuol dire essere in pericolo.

A. muove nella calura e stringe la foto.

Carico i commenti...  con calma