Il vinile rincorre se stesso nel moto perfetto circolare e rinnova la magia,
ogni volta con un fruscio in più.
Ma poco importa, il tempo toglie qualità ma dona fascino.
E la puntina non mente. Mai.
La chiamano bossa nova, profuma di banano e mango e viene dalle lontane terre latine,
ma al Maestro è bastato farla mantecare con basilico e pomodoro per cancellarne il
retrogusto tropicale e i confini geografici annessi.
Così Antônio Carlos Jobim è un operaio metalmeccanico di Termini Imerese,
la bossa nova un genere nato nei night club a Milano
e Ipanema una ridente località sulla riviera romagnola.
Le palme diventano betulle all'ombra dei condomìni e
le maracas rieccheggiano negli androni.
Speranza e ottimismo permeano il nostro bel paese.
Il decennio che voleva cambiare il mondo è alla porta d'uscita.
Un ricordo lontano. Lontanissimo. Dimenticato.
A cosa serve una rivoluzione quando puoi scorrere le dita
su e giù, lungo le inappuntabili cuciture di una chaise longue?
I '70 promettono un futuro radioso, spediti di gran lena verso la "Milano da bere",
ma è ancora presto. Gli anni si dilatano quando le maglie del tempo sono così morbide.
Lo shaker attacca in sordina, Edda è il canto di una lontana sirena.
Percussioni e ottoni brillano alla luce di un inatteso sole caldo
e Gennaio sembra un nome di fantasia.
"Metti, una sera a cena" e il profumo di Palmolive e Linetti attraverso la porta socchiusa del bagno.
"Metti, una sera a cena" e il mangiadischi rosso sul tappeto in soggiorno, che vive di vita propria
e canta come un crooner d'altri tempi.
"Metti, una sera a cena" e la cesta della biancheria sporca stracolma, non basterà una vita.
Ma c'è tempo, c'è sempre tempo nelle istantanee scolorite dagli anni.
Si può persino fermarlo o farlo ripartire a proprio piacimento.
Come un disco che gira.
Di bossa nova, magari.
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