Lo scorso natale il mio fidanzato (ovviamente su mia larvata richiesta... psicologia femminile!) mi ha regalato un prezioso cofanetto di film di Eric Rohmer, registra francese padre, assieme a Godard e Truffaut (una paternità complessa), della nouvelle vague degli anni '60. Ero entusiasta del regalo trovato sotto il Presepe (mi piace o' Presepe!) quando, pochi giorni dopo, ho saputo della morte dell'ottuagenario maestro, che mi ha intristita fino al punto di rinviare, con una punta di rammarico, la visione di questi film a momenti più lieti.
Momenti che sono arrivati quest'estate. premetto che, dopo aver visto alcuni film di Rohmer, mi sono ripromessa di vedere se, su DeBaser, l'opera di un autore così interessante era stata discussa e recensita con la solita cura, restando assai delusa nel momento in cui (31.8.2010), su un totale di 27.325 recensioni, ho notato che a Rohmer sono dedicate 0 recensioni, per una quota dello 0.0 % sul totale (non dico quante recensioni siano dedicate a ciarpame vario!). Sconforto e costernazione, oltre che obbligo morale di colmare la grave lacuna.
La riempio recensendo quello che, secondo me, è uno dei più bei film del registra transalpino, "La mia notte con Maud" ('69), acclamato anche a Cannes, candidato all'Oscar e contraddistinto da un discreto successo di pubblico, cosa non sempre avvenuta per Rohmer pur a fronte dell'alta qualità dei suoi lavori, intellettualistici sì, ma con una leggerezza e soavità particolari.
Film che costituisce probabilmente un modello per tanto cinema a venire, soprattutto francese, pregandovi di osservare come Kieslowsky (quello, seppur blasfemo, de "Il decalogo") sia, ad esempio, allievo apocrifo di Rohmer, soprattutto nelle atmosfere di questo film e degli altri lungometraggi dei cc.dd. "racconti morali".
Partiamo dalla trama, che tanta importanza ha in un film molto "sceneggiato" e basato essenzialmente sui dialoghi in ambienti chiusi come questo: Jean Louis, interpretato dal bel Jean Louis Trintignant (quello de "Il sorpasso" e "La donna della domenica", oltre che del tardo Kieslowsky di "Film Rosso"), è un giovane ingegnere cattolico osservante trasferito di recente nella cittadina di Clermont-Ferrand, nel cuore della Francia rurale. Andando a messa, egli nota, fra le persone presenti, la giovane Françoise (la soave Marie Christine Barrault), venendo colpito dal suo fascino quasi angelico (bionda, magra, elegante) e ripromettendosi di conquistarla e sposarla, ritenendo che la donna, che in realtà non conosce, se non per queste fugaci impressioni e per una presunta conformità di valori, sia il suo ideale, la perfezione stessa fattasi terrena.
Nel frattempo Jean Louis incontra il suo amico Vidal, intellettuale marxista in crisi, che lo invita a cena dalla sua occasionale ragazza, la giovane e sensuale Maud (interpretata magistralmente dalla conturbante Françoise Fabian).
Maud, divorziata di fresco da un marito che la tradiva, e che era reciprocamente tradito da lei, è l'antitesi di Françoise, e del modello di donna cui tende Jean Louis: libera, libertina nel pensiero prima ancora che nei comportamenti, anticonvenzionale nei ragionamenti, più che nei comportamenti, Maud è una donna cui piace ascoltare l'interlocutore, scoprire le contraddizioni dei suoi ragionamenti, le mistificazioni ed auto-illusioni, le false credenze, non solo da un punto di vista religioso, ma anche morale. Non sembra portatrice di una propria verità, se non della verità che troviamo nel dialogo e nella parola stessa: verrebbe da dire un personaggio socratico, laico in contrapposizione al rigido cattolicesimo di Jean Louis, come se il pensiero greco classico entrasse in collisione con quello cattolico-romano.
Fra i due opposti scoppia la scintilla, anche se, rimasto a casa di Maud per tutta la notte, e finito a dormire nel suo stesso letto, Jean Louis non avrà alcun rapporto sessuale con lei, né cederà alle lusinghe della donna, che lo vorrebbe sedurre, in quanto fedele ai propri ideali etici ed estetici, destinati a prevalere sulla carnalità e sull'effimero. Dopo quella notte, fra i due ci sarà, piuttosto, un'affettuosa amicizia culminata con un tenero bacio durante una gita sulla neve, senza tuttavia distogliere Jean Louis dal suo progetto, e dalla sua ossessione: sedurre e sposare Françoise; cosa che, in effetti, gli riuscirà.
Dopo cinque anni Jean Louis e sua moglie, genitori di un figlio, sono in gita al mare. Qui incontrano una Maud sempre libera, anche se immalinconita ed apparentemente invecchiata. Uno sguardo fugace tra le due donne chiarisce una verità ignorata da Jean Louis, e tale da far vacillare alcune sue convinzioni (e, con esse, quelle dello spettatore). Ma una diversa interpretazione delle cose, e delle verità possibili, esige forse un prezzo che nessuno vuole pagare.
Rohmer mette in scena un film di sentimenti, e di dialoghi filosofici ambientati nella cittadina d'origine di Blaise Pascal, raffrontando diverse tipologie umane e diverse tipologie di pensiero, identificate non solo in Maud ed in Jean Louis ma anche nei personaggi di contorno, dall'amico Vidal alla giovane Françoise.
Il cuore dell'azione è Jean Louis, con il quale, tuttavia, non siamo indotti a simpatizzare, posto che egli si dice portatore di una Verità, morale e religiosa, che non dimostra di seguire in concreto, risultando, sotto certi aspetti, ipocrita ed irrisolto. L'ipocrisia non è soltanto nella propria condotta sentimentale, laddove egli si impone di amare una persona che non conosce, flirtando contemporaneamente con una donna che desidera, forse, in quanto attratto da ciò che identifica come opposto, ma su cui traspare un giudizio morale negativo, e farisaico.
Accanto a lui sta la verbosa, maliziosa e provocatoria Maud, personaggio più sfaccettato e complesso di quanto l'identificazione dello spettatore con Jean Louis induce a credere: non voglio certamente anticipare il contenuto del film, ma la Fabian è superlativa nel gioco di sguardi, e, soprattutto, nel momento in cui gli occhi della donna si perdono nel vuoto dei ricordi più dolorosi, giocando su ellissi, assenze e non detti che solo nel finale del lungometraggio trovano la propria collocazione, e, pur parziale, spiegazione.
Ancor diversa, l'opposto di Maud, è la silenziosa, eterea, e meditativa Françoise, oggetto del volere (più che del desiderio) del protagonista che ama, celare se stessa ed i suoi sentimenti, lasciando che il "non detto" - sporadico nella stessa Maud - sia il codice espressivo del personaggio, fino ai momenti finali, e fondamentali, del film, in cui le parole ed il disvelamento della donna al proprio spasimante spiegano quello che lo sguardo, l'osservazione, le aspettative non possono scoprire.
Un gioco da cui non possiamo che essere ammaliati, in conclusione, parteggiando ora per l'uno, ora per l'altro dei protagonisti, e seguendo Rohmer in una rappresentazione che sembra la quintessenza del cinema francese, per lo meno come lo intendiamo secondo tradizione: dialoghi chiari e serrati, ambientazioni d'interni, in spazi reali e quotidiani, luci naturali, variabili a seconda del clima e qui esaltate da un bianco e nero che esalta le nevi come le oscurità delle vie della Clermont invernale, o il candore delle spiagge estive.
Assenza di commenti musicali, ma contrappunto della voce narrante - lo stesso Jean Louis - che programmaticamente afferma di "non voler dire tutto" della propria vita, e di quella degli altri personaggi, quasi che il non detto, il sottaciuto, il nascosto, se non il negato, siano il "segreto" che conserva l'intima inaccessibile essenza di ognuno.
Un film che raccomando a tutti i più sensibili, anche se non mi sento di elevare Maud, Jean Louise e Françoise a modello comportamentale, e ad aderire alla loro etica a tratti scombiccherata e certo incoerente con i valori religiosi di cui sono portatori i personaggi.
Fa certamente eccezione Maud, figura diametralmente opposta a me ed ai miei valori, che resta incisa nella nostra mente e nel nostro cuore per l'intima malinconia con cui accetta l'errore, la deviazione, la caducità delle cose, desiderando un infinito inattingibile e svelando, con ciò, la reale condizione di (quasi) tutti gli esseri umani.
Gente che scommette sull'infinito senza neppure dirlo, e magari perde, come Maud nel paese di Pascal.
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