Mettersi a nudo non è solo una questione di pudore, é anche di coraggio e di sicurezza personale, è una questione di maturità.
Mettersi a nudo non è solo una questione di vanità o di superficiale apparenza, è anche un’esigenza di esporre la propria verità, di mostrare il proprio vissuto, una necessità impellente di comunicare.
Sono 8 gli anni passati da “The Idler Wheel…”, sono gli 8 anni di vita che Fiona Apple McAfee-Maggart ha deposto in questi tredici brani composti, suonati e autoprodotti.
L’album risulta quasi rozzo, violento, percussivo, tribale, viscerale, ma perfettamente armonico. Basti pensare che tutti i brani sono stati realizzati nell’abitazione della cantante, pianista, compositrice e produttrice ormai 43enne tra il finire del 2019 ed i primi mesi del 2020.
Fiona Apple esce fuori dal suo antro, chiuso e ristretto e cerca di aprirsi e di riversare in musica tutto ciò che ancora oggi è vivido nella sua mente dagli ostacoli trovati personalmente, a quelli riconosciuti nei legami di altre persone che possono risultare terribilmente limitanti se interiorizzati inopportunamente.
Un banale esempio è quello della giudiziosa amica adolescenziale Shameika: “Shameika Said I had Potential". La Apple, da par suo, da sempre è incazzata con la vita e sempre messa in difficoltà dal giudizio degli altri, non le dava ascolto, e rimaneva sempre spigolosa, pronta a taglienti accuse, con il rifiuto della socialità, volendo unicamente essere lasciata in pace.
Per chi non ha mai avuto a che fare con la figlia di Brandon Maggart, Fiona ha interrotto nel 2012 il suo tour in Sudamerica per stare accanto alla sua adorata pitbull in fin di vita, Janet, come l’ha definito lei “il legame più duraturo della sua vita”. Anche in questo c’è il concetto dell’apprezzare il tempo che la vita le ha messo a disposizione, cioé, che di bene e di male si tratti, ciò che ci viene concesso di assimilare nel nostro percorso. Lo conferma anche in “I Want You to Love Me”, brano di apertura, lo dice esplicitamente nei suoi versi: “I Know That Time is Elastic”. Il ritornello è volutamente dilatato, totalmente non convenzionale.
Violento e percussivo, perché oltre al pianoforte suonato principalmente a cassa armonica aperta, ci sono il basso di Sebastian Steinberg (già con lei nel 2012 in produzione come in quest’occasione), la chitarra di David Garza (polistrumentista e produttore) e le percussioni di Amy Aileen Wood, si aggiungono gli effetti speciali di Bobb Bruno. Millesimate le note presenze, ovvero quelle della convivente pansessuale Cara Delevingne (“Fetch the Bolg Cutters”) e della sorella Maude Maggart (“Newspaper”).
Si sentono perfettamente i martelletti sulle corde unirsi alle vibrazioni emesse con trasparente potenza, ci colpiscono le percussioni, i clap, gli strumenti inventati (anche ossa di cane, pentolame, tavoli di casa), si percepiscono i denti di Fiona (“On I Go”), si riconoscono i numerosi timbri, uno dopo l’altro e relative intenzioni. La rabbia, il dolore, lo scherno, la passione, il soul, ogni emissione vocale è correlata strettamente ad uno stato emotivo. Il recitativo misto al cantato, il cantato misto all’urlato, l’urlo che si confonde con la declamazione, la quale trova il perfetto connubio con l’estasi caotica musicale.
L’artista di New York non è più la 19enne di “Tidal”, la dicotomica realtà tra l’apparenza delle starlette del pop e la più distaccata e asociale artista, quasi una Wednesday Addams con un talento pianistico e vocale sublime, ma è una donna matura, che trasuda talento e ce lo getta in faccia con “For Her”, brano alla Tune Yards, realizzato in totale autonomia, nel quale ritorna un passato crudele, sanguinoso ed incancellabile (“You raped me in the same bed your daughter was born in”) e ci concede un brandello della sua filosofia in “Under the Table” quando senza girarci troppo attorno canta “Kick Me Under the Table All You Want / I Won’t Shut Up”.
“Fetch the Bolt Cutters”, ovvero “Portami le cesoie” dà un taglio con il passato, forse non così netto, ma di sicuro evidente. Questo album è un grande contenitore, grande perché permette di trovare una moltitudine di elementi mai visti fino ad ora, nascosti o mai approfonditi, altri già presenti in altri suoi lavori. Risulta un puzzle che fa finire tutti i tasselli al proprio posto, sia dal punto di vista melodico/armonico, che tematico, anche se inizialmente ti fa venire una certa emicrania, gettandoti in una fase di sconforto per via del numero degli input inviati, ma pian piano, ascolto dopo ascolto, parola per parola ti conduce da una confusione apparente alla visualizzazione del risultato finale, una nuda verità, un’artisticamente nuda Fiona Apple, finalmente, pronta ad andare avanti.
“On I go, not toward or away
Up until now, it was day, next day
Up until now, in a rush to prove
But now, I only move to move”
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